sabato, luglio 26, 2008

gioie e dolori del federalismo luminoso

Il lampione di un vialetto vicino a casa (fuori norma)
La parola "federalismo" evoca da un po' di tempo una sorta di viatico verso il futuro, una panacea che cura qualunque male con la stessa ricetta. Di fatto, è dalla famosa legge Bassanini che le regioni hanno preso, di volta in volta, nuovi poteri. Uno di questi, sta nella possibilità di legiferare in tema di inquinamento luminoso, ovvero in merito alle politiche di riduzione dell'illuminazione (notturna) non necessaria, sia a fini prettamente energetici che ambientali e ricreativi. La Regione Lazio, nell'ormai lontano 2000 (modificando una L.R. vecchia di solo un anno...), decise di non perdere tempo, emanando la L.R. 23/2000, avente per oggetto "Norme per la riduzione e per la prevenzione dell'inquinamento luminoso".
Si trattava di una legge che stabiliva una serie di criteri molto severi per l'illuminazione pubblica e privata, fissati transitoriamente e poi recepiti dal regolamento attuativo uscito nel 2005.

Perchè ne scrivo? Perchè basta dare una occhiata ai criteri previsti, e ci si accorge che la quasi totalità dei sistemi di illuminazione costruiti nel Lazio prima del 2005 è fuori legge, e la normativa viene infranta quotidianamente tuttora.
Nessun dispositivo di illuminazione (fatta eccezione per i fari diretti a edifici di pregio storico) può emettere più di 0 lumen a 95°. Tradotto in linguaggio semplice, già pochi centimetri sopra un lampione o una luce da esterni ci deve essere il buio assoluto. Se abitate nel Lazio (a meno che siano collocate sotto un porticato), le vostre lampade da esterni devono essere orientate verso il basso (quindi non potete installare bocce, e dovreste evitare di comprare anche quelle fatte a "lampioncino", nel caso in cui abbiano parti trasparenti verso l'alto).
L'aspetto tragicomico sta nelle sanzioni (LR 23/2000, art. 10) che l'ente controllore (il Comune) deve applicare al cittadino inadempiente:
"il comune, previa diffida a provvedere entro trenta giorni, applica la sanzione amministrativa da lire 500 mila a lire 2 milioni".
Ma perchè il Comune dovrebbe accanirsi tanto contro il cittadino (che ha votato il sindaco in carica)? Ce lo dice il comma 3 dello stesso articolo:
I proventi delle sanzioni di cui al presente articolo, introitati dai comuni [...] sono prioritariamente impiegati dai comuni stessi per l’adeguamento degli impianti pubblici di illuminazione esterna alle norme tecniche del regolamento[...].
Tradotto: se i Comuni non hanno i soldi per mettersi a norma, mandino i vigili a fare le multe ai cittadini inadempienti.

Va da se che uno potrebbe chiedersi: "Ma se certi lampioni sono fuori legge, perchè li vendono?". La risposta sta nel fatto che la legge è regionale, mentre la normativa sulla circolazione e la conformità delle merci è europea. Non si può bloccare il traffico di un prodotto arbitrariamente per il solo Lazio (e del resto sarebbe impossibile farlo, la dogana non esiste più da 140 anni....) tenendo conto del fatto che potrei sempre comprare un bel lampioncino a boccia qui per regalarlo ai miei genitori che vivono in Liguria, dove magari la legge regionale è meno restrittiva o nemmeno esiste.

In ogni caso, un ottimo argomento che sarebbe stato utile ed efficace normare con una legge nazionale, invece di fare 21 leggi diverse, che peraltro non possono influire sulla circolazione di oggetti (che magari sono a norma qui e non lo sono a 100 km di distanza).

Qualcuno direbbe: E' il federalismo, bellezza...