martedì, ottobre 28, 2008

La crisi idrica del Lago di Bracciano


La presa d'acqua dell'antico Acquedotto Paolo. La parte sinistra della foto normalmente dovrebbe stare tutta sott'acqua...

Chiunque in questi ultimi tempi si sia recato sul Lago di Bracciano avrà notato che il livello dell'acqua è sceso notevolmente rispetto a quanto si è visto normalmente in questi ultimi anni. A ben vedere, la crisi idrica è cominciata durante l'estate dell'anno scorso, quando il livello si era già abbassato sensibilmente, scoprendo un'ampia porzione di battigia. Nel corso del 2008 le piogge (non abbondanti, ma neanche modeste) della prima parte dell'anno non sono riuscite a ricaricarlo a sufficienza, e all'inizio dell'estate il livello del lago (che non era salito abbastanza) ha cominciato inesorabilmente e rapidamente a calare. Siamo a metà ottobre e già da due settimane il corpo idrico sta sotto lo “zero igrometrico” convenzionale (161,74m s.l.m).

Le conseguenze di un abbassamento ulteriore sarebbero pesanti, perchè l'acqua del lago è da tempo utilizzata per l'aprovvigionamento idrico della capitale. L'ACEA (il gestore del servizio idrico della zona) può prelevare dal lago fino a 800 litri di acqua al secondo, che mescola con l'acqua proveniente dall'acquedotto del Peschiera (che proviene dal cuore dell'appennino) e distribuisce in tutta la zona nord della città.

Esattamente a un metro sotto lo zero igrometrico ci sono le prese di captazione dell'acqua del lago. Se il livello dovesse scendere ulteriormente, il suo contributo alla fornitura d'acqua della città verrebbe a mancare totalmente.

Verrebbe da chiedersi: cos'è cambiato rispetto agli anni passati?

Ci sono stati due fenomeni importanti (sui quali ovviamente sarebbe bene riflettere). Il primo di questi è la tendenza molto pronunciata evidenziata negli ultimi due anni alla “stagionalizzazione delle pioggie”, dove una stagione umida (dic-mag) viene seguita da una arida (giu-nov). Quando le piogge si concentrano molto nel tempo la capacità assorbente del suolo diminuisce perchè proprio come una spugna imbevuta d'acqua, il terreno non può trattenere tutto ciò che supera le sue capacità di saturazione. Il secondo fenomeno è stato l'innalzamento delle temperature invernali, che ha ridotto drasticamente la consistenza dei nevai dell'appennino, eliminandone le riserve d'acqua a lungo termine. Queste osservazioni empiriche sono suffragate dai fatti: La stazione metereologica dell'aeronautica militare di Vigna di valle (sulle rive del lago) ha rilevato un decremento delle pioggie tra il periodo 70-90 e le rilevazioni degli anni '90 del 13% (da 963 a 842mm annui). Nel contempo la temperatura media annuale dal '70 al 2003 si è alzata addirittura di UN GRADO E MEZZO (alla faccia dei negazionisti).

Il meccanismo è quindi spiegabile in questi termini: negli anni passati i nevai dell'appennino trattenevano l'acqua per lunghi periodi, consentendo all'acquedotto del Peschiera di avere una portata più alta e costante, e il prelievo “compensativo” dal lago di bracciano diventava modesto e concentrato principalmente nel periodo della tarda estate. Ora l'acqua del Peschiera è abbondante nella stagione umida ma troppo poca in quella arida; questo costringe l'ACEA a pensanti prelievi compensativi di acque dal lago di bracciano.

La domanda a questo punto è: è tutta colpa del cambiamento climatico e del prelievo idrico potabile? No, decisamente no. Uno studio enea dal quale ho prelevato molti dei dati citati qui ci informa del fatto che i prelievi idrici a uso irriguo rappresentano un emungimento che è più del doppio rispetto all'acqua d'uso idropotabile. Da alcuni semplici calcoli che ho fatto basterebbe riconvertire a pascolo la metà dei suoli agricoli per ottenere un risparmio d'acqua pari all'intero prelievo medio annuale di ACEA.

E comunque, gli effetti si vedono (se n'è accorto anche "il Giornale"). Quel po' di vegetazione riparia preservato dalla “sindrome del pratino che si tuffa nel blu” (così in voga tra i possessori di case e terreni sulle rive del lago) è completamente scoperto, mentre la fascia superiore delle praterie sommerse di macrofite (il potameto tipico del lago) ormai boccheggia sulla riva. L'ACEA dapprima ha cominciato a ridurre il prelievo di acque, poi, sotto la pressione dei sindaci del lago, ha fermato le pompe dell'impianto di Castel Vici. Le piogge di questi giorni sembrano una benedizione, ma il livello è sceso così tanto che probabilmente non basterebbe una stagione fredda molto lunga e piovosa per riportare il lago a livelli accettabili.

martedì, ottobre 21, 2008

Una figura da cialtroni


foto di Mandarx

Non può definirsi diversamente quella che sta facendo il governo della repubblica nella contrattazione del pacchetto UE contro i cambiamenti climatici in atto in questi giorni. Ma nonostante le posizioni anacronistiche portate avanti dalla Prestigiacomo (che poi è solo il megafono di Berlusconi, che in questo caso è a sua volta il megafono di Confindustria), ritengo che ci siano ottime ragioni per ritenere che l'accordo si farà, e sarà praticamente identico a quello finora previsto dalla commissione.


Ci sono diversi motivi per sostenerlo, a partire dal fatto che il blocco dei paesi "contrari" che secondo Berlusconi affiancano l'italia (che poi tali non sono veramente) è costituito dalle ex economie sovietiche dell'europa dell'est, e basta. Non c'è un singolo paese dell'europa industriale "evoluta" che si sogni di fare ostruzione. Per quei paesi, che hanno quasi esclusivamente centrali a carbone, sarà prevista una ulteriore flessibilità nei tempi intermedi, ma solo per loro.


Un altro dato di fatto è che la decisione all'unanimità era auspicata, ma non necessaria, in quanto è sufficiente la maggioranza qualificata. Questo significa che l'inasprirsi della posizione italiana significherebbe unicamente il non accoglimento di eventuali richieste di flessibilità ritenute accettabili.

Il vero problema preoccupante però non è l'evidente e recidiva incompetenza del governo su queste tematiche, quanto il fatto che le posizioni di confindustria costituiscono un atteggiamento che da prova di una miopia sconcertante. Se fosse solo una sottovalutazione dei danni indotti dai cambiamenti climatici sarebbero perdonabili, ma il problema è che:

  1. Non riescono a rendersi conto che questa partita è una grande occasione industriale per l'italia.

  2. Preferiscono l'idea di investire con i meccanismi flessibili in paesi del terzo mondo per risparmiare non rendendosi conto che così esportano tecnologie di processo all'avanguardia in altri paesi lasciando infrastrutture vetuste nel nostro.

  3. Danno per scontato che il piano costerà almeno 18 mld l'anno, quando, se fossimo bravi, ne costerebbe 9.

Quest'ultimo punto è talmente sconfortante che va chiarito meglio. Lo ha fatto per noi Il Messaggero di stamani (non ho fonti dirette perchè il documento UE cui fanno riferimento i partner è un preliminare non pubblicato) di cui riporto il punto cruciale:

Il fatto è che lo scenario adottato dall’Italia è quello più pessimistico: se non si acquista a sufficienza energia verde, se non si centrano gli obiettivi di Kyoto, se rimane una forte dipendenza dagli idrocarburi e una scarsa quantità di energia rinnovabile, allora lo scenario è più costoso, i famosi 18,2 miliardi l’anno. Se invece, sono ridotte le emissioni, aumenta l’efficienza energetica, il 20 per cento dell’energia viene da fonti rinnovabili e non si ha bisogno di comprare energia verde dall’estero, allora il costo si riduce a 9 miliardi.

Perciò il problema sta tutto li, confindustria e il governo non si fidano ne di se stessi ne l'un dell'altro, per cui danno per scontato che l'uno non saprà fare le politiche giuste per ridurre le emissioni e l'altro non saprà mettere in campo il capitale umano e finanziario per produrre brevetti, impianti, innovazione.

Non mi sorprende. Nel 2002, quando ancora lavoravo al Ministero dell'Ambiente, partecipai a una riunione della (allora) direzione “sviluppo sostenibile” in cui il rappresentante di confindustria chiese bonariamente al direttore di rivedere gli impegni in assunzione per il protocollo di kyoto, considerati troppo penalizzanti (-6,5% di emissioni rispetto al 1990). Quando si sentì rispondere che ormai non era possibile sbiancò davanti agli occhi di tutti i presenti. Evidentemente dovevano sembrare troppo onerosi quelli, figuriamoci questi.

Per fortuna, la presidenza di turno di Sarkozy (conservatore) e il ministro dell'ambiente greco Dimas (conservatore) hanno chiarito che la direzione è quella, e l'italia può solo adeguarsi.

Nel frattempo però, un altro statista fondamentale come Altero Matteoli (è stato ministro dell'ambiente per sette anni. risultato:emissioni aumentate dell'11% rispetto al '90) ha sentenziato che il protocollo di kyoto va rivisto, perchè è troppo oneroso. Sono certo che troverà una sponda prestigiosa in sede internazionale, magari alleandosi con il Burkina Faso e il Kirghizistan. Peccato che nessuno gli abbia spiegato che se anche la convezione di kyoto diventasse carta straccia, ci sarebbero sempre le direttive europee...