martedì, ottobre 21, 2008

Una figura da cialtroni


foto di Mandarx

Non può definirsi diversamente quella che sta facendo il governo della repubblica nella contrattazione del pacchetto UE contro i cambiamenti climatici in atto in questi giorni. Ma nonostante le posizioni anacronistiche portate avanti dalla Prestigiacomo (che poi è solo il megafono di Berlusconi, che in questo caso è a sua volta il megafono di Confindustria), ritengo che ci siano ottime ragioni per ritenere che l'accordo si farà, e sarà praticamente identico a quello finora previsto dalla commissione.


Ci sono diversi motivi per sostenerlo, a partire dal fatto che il blocco dei paesi "contrari" che secondo Berlusconi affiancano l'italia (che poi tali non sono veramente) è costituito dalle ex economie sovietiche dell'europa dell'est, e basta. Non c'è un singolo paese dell'europa industriale "evoluta" che si sogni di fare ostruzione. Per quei paesi, che hanno quasi esclusivamente centrali a carbone, sarà prevista una ulteriore flessibilità nei tempi intermedi, ma solo per loro.


Un altro dato di fatto è che la decisione all'unanimità era auspicata, ma non necessaria, in quanto è sufficiente la maggioranza qualificata. Questo significa che l'inasprirsi della posizione italiana significherebbe unicamente il non accoglimento di eventuali richieste di flessibilità ritenute accettabili.

Il vero problema preoccupante però non è l'evidente e recidiva incompetenza del governo su queste tematiche, quanto il fatto che le posizioni di confindustria costituiscono un atteggiamento che da prova di una miopia sconcertante. Se fosse solo una sottovalutazione dei danni indotti dai cambiamenti climatici sarebbero perdonabili, ma il problema è che:

  1. Non riescono a rendersi conto che questa partita è una grande occasione industriale per l'italia.

  2. Preferiscono l'idea di investire con i meccanismi flessibili in paesi del terzo mondo per risparmiare non rendendosi conto che così esportano tecnologie di processo all'avanguardia in altri paesi lasciando infrastrutture vetuste nel nostro.

  3. Danno per scontato che il piano costerà almeno 18 mld l'anno, quando, se fossimo bravi, ne costerebbe 9.

Quest'ultimo punto è talmente sconfortante che va chiarito meglio. Lo ha fatto per noi Il Messaggero di stamani (non ho fonti dirette perchè il documento UE cui fanno riferimento i partner è un preliminare non pubblicato) di cui riporto il punto cruciale:

Il fatto è che lo scenario adottato dall’Italia è quello più pessimistico: se non si acquista a sufficienza energia verde, se non si centrano gli obiettivi di Kyoto, se rimane una forte dipendenza dagli idrocarburi e una scarsa quantità di energia rinnovabile, allora lo scenario è più costoso, i famosi 18,2 miliardi l’anno. Se invece, sono ridotte le emissioni, aumenta l’efficienza energetica, il 20 per cento dell’energia viene da fonti rinnovabili e non si ha bisogno di comprare energia verde dall’estero, allora il costo si riduce a 9 miliardi.

Perciò il problema sta tutto li, confindustria e il governo non si fidano ne di se stessi ne l'un dell'altro, per cui danno per scontato che l'uno non saprà fare le politiche giuste per ridurre le emissioni e l'altro non saprà mettere in campo il capitale umano e finanziario per produrre brevetti, impianti, innovazione.

Non mi sorprende. Nel 2002, quando ancora lavoravo al Ministero dell'Ambiente, partecipai a una riunione della (allora) direzione “sviluppo sostenibile” in cui il rappresentante di confindustria chiese bonariamente al direttore di rivedere gli impegni in assunzione per il protocollo di kyoto, considerati troppo penalizzanti (-6,5% di emissioni rispetto al 1990). Quando si sentì rispondere che ormai non era possibile sbiancò davanti agli occhi di tutti i presenti. Evidentemente dovevano sembrare troppo onerosi quelli, figuriamoci questi.

Per fortuna, la presidenza di turno di Sarkozy (conservatore) e il ministro dell'ambiente greco Dimas (conservatore) hanno chiarito che la direzione è quella, e l'italia può solo adeguarsi.

Nel frattempo però, un altro statista fondamentale come Altero Matteoli (è stato ministro dell'ambiente per sette anni. risultato:emissioni aumentate dell'11% rispetto al '90) ha sentenziato che il protocollo di kyoto va rivisto, perchè è troppo oneroso. Sono certo che troverà una sponda prestigiosa in sede internazionale, magari alleandosi con il Burkina Faso e il Kirghizistan. Peccato che nessuno gli abbia spiegato che se anche la convezione di kyoto diventasse carta straccia, ci sarebbero sempre le direttive europee...