domenica, dicembre 16, 2007

Quando la P.A. vuole mettersi nei guai a tutti i costi


Foto dell'abitato di Pompeiana dal SIC (trovata qui)
Oggi parliamo di comunicazione ambientale.

Avete presente quando gli alti esponenti di una pubblica amministazione vengono informati parecchio tempo prima circa l'illegalità di provvedimenti che stanno per compiere e vanno avanti lo stesso come trattori? Sicuramente si. Ma questa volta vi racconto del fatto prima che esso accada.

Tempo fa (a seguito del mio articolo sulle procedure di infrazione e grazie a il pigher) mi sono messo in contatto con un esponente del comitato "Prau Grande". Si tratta di un gruppo di persone che intende salvare dalla cementificazione un'ampia zona dell'entroterra di Imperia, dove tra l'altro si trova un sito di interesse comunitario, la "Pompeiana" (Qui la cartografia e qui il formulario Natura 2000).

Dalla lettura del formulario, si capisce che il sito ha un motivo speciale per la sua protezione: ospita ben due habitat prioritari per la direttiva 92/43/CEE: il 6210 e il 6220. Questi habitat, per rarità e importanza richiedono una conservazione assoluta, al punto che chi fosse tentato di costruire un qualunque manufatto sarebbe costretto a rinunciare alle proprie intenzioni.

Non lo dico io, ma l'art.6 comma 3 della direttiva habitat:
"Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni onnesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico".
In altre parole, a meno che questo intervento non comporti la (tempestiva) salvezza di un congruo numero di vite umane, non potrà essere realizzato.

Già, ma.. quale intervento? Il Presidente della Provincia di Imperia (Avv. Gianni Giuliano, in quota Forza italia), ha sentenziato sul sito istituzionale le sue dieci priorità di governo, la prima delle quali ci dice che...

"Si continuerà a perseguire l’obiettivo di potenziare il sistema di mobilità
locale e sviluppare una rete viaria alternativa alla congestionata arteria
costiera, prolungando il tracciato della strada di cornice che dovrà portare a
collegare in maniera diretta il Comprensorio Taggese con quello Dianese
".
Tradotto dal politichese, questo significa più o meno "Adesso recuperiamo una mulattiera che percorre il SIC e la trasformiamo in un bello stradone che decongestionerà il traffico costiero. Più macchine ci passeranno e meglio sarà".

E infatti, la provincia di Imperia ha firmato un protocollo di intesa per realizzare la nuova strada.

A questo punto siamo all'empasse: come farà il Presidente della Provincia a rinunciare alla realizzazione di uno dei suoi dieci punti programmatici? Come farà il Comune di Pompeiana a non cedere alle pressioni della Provincia?

Sfera di cristallo alla mano, possiamo scommettere su uno di questi possibili esiti:
1) Il progetto viene autorizzato e appaltato senza valutazione di
incidenza. Di fronte a un esposto (se anche non lo facesse praugrande, giuro che
lo farei io!) la magistratura blocca il cantiere e il primo punto programmatico
del presidente salta per aria.

2) Il progetto va a valutazione di incidenza che risulta stranamente
benevola e si dimentica dei vincoli assoluti presenti negli habitat prioritari.
Il comitato di cui sopra denuncia lo stato, si apre una procedura di infrazione
con conseguente condanna (e azione risarcitoria per danno patrimoniale).

3) Il progetto viene ricollocato secondo un tracciato che passi
esternamente al SIC. Non si fa valutazione di incidenza e non vi sono esposti ne
denunce. La strada viene realizzata.
Secondo voi come andrà a finire? Non punterei sulla tre, purtroppo....

mercoledì, novembre 28, 2007

World energy congress 2007 / I parte


Giochi solari al WEC 2007. Ormai con celle di ridotte dimensioni è possibile azionare piccoli motori meccanici. D'accordo, sono gadget, ma potrebbero servire a introdurre una sana educazione anche ai più piccoli (lo ammetto, ho comprato il mulino, ma devo ancora montarlo..)

A roma , tra l'11 e il 15 novembre scorso, c'è stato il “world energy congress 2007”. Per chi non lo sapesse, si tratta di un congresso mondiale che fa il punto sulla situazione energetica globale e ospita dibattiti sull'uso e sul futuro delle fonti energetiche e delle politiche energetiche dei paesi mondiali. Oddio, "dibattiti" è una parola grossa, se consideriamo che si trattava di sessioni chiuse, per partecipare alle quali occorreva essere portatori di interessi di un certo livello e pagare un salato biglietto.

Fortunatamente, accanto a queste sessioni, sono stati allestiti alcuni padiglioni che ospitavano le società leader nella gestione delle forme di energia corrispondenti agli elementi cari a Talete (acqua, terra, fuoco, aria...).

Ma vediamo com'è andata

All'arrivo (fiera di roma, quella nuova che si trova tra ponte galeria e fiumicino) emerge subito la brusca realtà: per le persone “normali” era possibile unicamente visitare i padiglioni espositivi, mentre i dibattiti di impronta “politica” sono stati limitati agli “addetti del settore”. Mi è sembrata una scelta discutibile, considerando che la politica energetica è già oggi e ancor più lo diventerà negli anni a venire, un problema cruciale, sul quale è bene che i governi comincino a considerare un ruolo più attivo da parte dei cittadini. E poter fare qualche domanda a chi di dovere (per esempio a Scaroni) non sarebbe stato male.

I padiglioni invece hanno dato molti spunti interessanti per quanto riguarda le soluzioni messe in campo per risolvere il problema energetico, ma la partecipazione era oltremodo sbilanciata: la gran parte degli stand mostrava tecnologie eoliche o fotovoltaiche commerciali, mentre il risparmio energetico compariva decisamente in secondo piano (un solo stand aveva in dimostrazione i riscaldamenti a pavimento, mentre molto interessante era lo spazio allestito dalla Regione Lazio, che tra le altre cose ospitava un istruttivo modellino di casa passiva in costruzione). Al contrario, l'industria geotermica sembrava avere poca fiducia nelle proprie possibilità (ricordo che esiste la possibilità di abbinare una pompa di calore a uno scambiatore a sonda geotermica), mentre con tono dimesso era presente anche il settore nucleare del quale riparlerò presto.

Alla fin fine, nonostante la generale atmosfera di euforia ho notato che in realtà erano state esposte tutte tecnologie "mainstream" e pochissima sperimentazione. Infatti le chicche più ghiotte rimanevano confinate in piccoli stand emarginati al limite dei più visibili spazi espositivi; questi stand andavano cercati tra i meandri dei padiglioni, ma due o tre di questi non mi hanno affatto deluso (anche di questo ne riparlerò presto).

Per il momento potete osservare questa galleria di immagini del WEC 2007 che ho pubblicato su Flickr. Se volete, le potete commentare.

domenica, novembre 18, 2007

La Panda Aria vista dal vivo


Una foto ravvicinata del motore della Panda Aria. Già così si vedono le dimensioni molto contenute. Ma dal vivo l'effetto è davvero stupefacente.

Lo ammetto, questa volta la Fiat mi ha stupito. Anche se l'annuncio che aveva fatto la casa sembrava “promettente”, solo vedere la Panda Aria dal vivo fa capire veramente PERCHE' si tratta di una autentica innovazione, e non di una semplice evoluzione della specie.
Vediamo rapidamente i dati sulla carta:

1) Possibilità di alimentazione anche a metano o a miscela metano/idrogeno.
2) Motore da 900cc, bicilindrico, capace di erogare 105CV (monofuel ) e 85CV (bifuel), dotato di turbocompressore.
3) Sistema di accensione e spegnimento del motore automatizzati.
4) Scocca e pneumatici a ridotto impatto ambientale.
Sorvolando sul quarto punto (che forse è il meno interessante), voglio concentrarmi in particolare sulle caratteristiche del motore e sulla scelta dell'alimentazione, che sono il vero cuore dell'innovazione di questo modello.

Prima di tutto, dobbiamo aver chiaro che:
1) Una vettura più pesante consuma di più. Un motore grosso e pesante spende una buona quota di energia semplicemente per portare a spasso se stesso. Più grosso è il motore, più grandi dovranno essere il serbatoio di propellente liquido o la bombola di propellente gassoso.

2) Una maggiore temperatura di combustione aumenta il rendimento di una macchina termica (basta ridare un'occhiata al ciclo di Carnot).

3) Più semplice è la molecola di un comburente, meno inquinamento produce. Il metano (CH4), inquina molto meno rispetto alla benzina e al gasolio (che sono miscele di composti del carbonio con alto peso molecolare). La combustione dell'idrogeno (H2) non comporta emissioni gassose, se non una piccola quantità di NOx.

4) Nella normale attività di marcia (specie nel ciclo “misto”), solo una parte del tempo viene impiegata ad accelerare, mentre per il resto del tempo l'auto frena o sta ferma.

Tutte queste considerazioni hanno portato Fiat alla conclusione che solo una drastica “cura dimagrante” del motore e un aumento notevole dell'efficienza avrebbero consentito di montare delle bombole di metano su una piccola utilitaria (tempo fa infatti, era uscito un modello di Punto a Metano che praticamente sacrificava mezzo bagagliaio per le bombole. Risultato: quasi inutilizzabile).

Innanzitutto hanno cominciato quindi a ridurre i cilindri a due, per semplificare il progetto, diminuire l'ingombro e consentire una maggiore temperatura di combustione. Inoltre hanno introdotto una sorta di turbocompressore che aumenta la potenza dell'auto a parità di cilindrata. Poi, per diminuire ulteriormente i consumi, hanno introdotto un sistema di spegnimento/riaccensione del motore automatico che entra in funzione in tutti i momenti di arresto del veicolo. Infine, avuta un'idea dei consumi di questo motore, hanno potuto dimensionare le bombole di metano in modo da contenerle al massimo e consentirne lo stoccaggio nella parte bassa dell'auto.

Mi ha lasciato un po' perplesso la possibilità futura di utilizzare una miscela idrogeno/metano, considerando che la rete esistente a dir poco deficitaria e la filiera dell'idrogeno è di la da venire. Peccato, perchè una miscela di questo tipo avrebbe una densità energetica maggiore, e quindi prestazioni più vicine alle auto a benzina. Non che mi interessi particolarmente, ma non devono convincere solo me.

Aspettiamo di vedere quando e se diventerà una vettura commercializzata. Ma sicuramente questa Concept Car non è un esercizio di stile..

giovedì, novembre 15, 2007

Un bastardo di nome EBV


L'Herpes virus equino, un parente di EBV (Foto di AJC1)

Se c'è un virus che in passato è stato sottovalutato nei suoi effetti sulla popolazione colpita, questo è il virus di Epstein Barr (in breve EBV). Può darsi che non vi dica niente, ma con ogni probabilità lo avete contratto e non lo sapete: è il virus della Mononucleosi, largamente presente nella popolazione, spesso asintomatico, e ospitato dal 95% della popolazione americana della fascia compresa tra i 35 e i 40 anni di età. Un tempo la mononucleosi veniva chiamata “la malattia del bacio”, perché colpisce di solito nella prima adolescenza e si trasmette con uno scambio di saliva. Ma le alte percentuali di infezione (una pandemia totale) dimostrano che è facilissimo essere infettati, a qualunque età.

Per i virus, in generale, non si può dire che a febbre passata tutto sia risolto, nel senso che, superata la prima fase di infezione, rimangono latenti all'interno di alcune cellule, trovando delle “sacche” di resistenza che consentano loro di sopravvivere nel corpo dell'ospite. E sempre più si sta scoprendo che oltre ai famigerati virus dell'Epatite e dell'AIDS, anche l'EBV causa danni a lungo termine.

L'EBV, come altri virus, infetta i guardiani del nostro corpo (i linfociti, in questo caso i “B”) rimanendo nascosto per tutta la vita dentro a queste cellule e riproducendosi quel tanto che basta per evitare di scomparire con il ricambio naturale dei globuli bianchi del nostro corpo.

Tra gli '80 e i '90 si scoprì il collegamento tra la presenza del virus e due patologie bruttissime: Il Linfoma di Burkitt (il 30-50% dei linfomi infantili) e il carcinoma naso-faringeo (purtroppo non c'è bisogno di spiegare cos'è..si capisce anche troppo bene). Nel 2001, sulla rivista Nature medicine, comparve un articolo che collegava l'insorgenza del cancro al seno nelle sue varianti “aggressive” (aggressive breast cancer) con l'EBV. Peggio ancora, lo stesso studio ci indicava come tutto ciò accade. In questo caso infatti, cellule tumorali sviluppatesi per altre cause si diffondono rapidamente nell'organismo, senza alcun freno inibitorio del sistema immunitario. Questo accade perchè tutte le cellule corporee sono dotate di una proteina “di sicurezza”, la Nm23-H1, che forza le cellule cancerose a non muoversi da dove sono. Ma l'EBV produce una proteina (EBNA-3C) capace di legarsi alla prima, consentendo a queste cellule di spostarsi in altre parti dell'organismo, senza freni.

Il 6 novembre scorso abbiamo avuto, grazie a una ricerca dell'istituto superiore di sanità, la prova che l'EBV è responsabile primo anche dell'insorgenza almeno di alcune forme di sclerosi multipla. Il meccanismo è perverso, ma semplice. I linfociti B sono capaci di attraversare la barriera emato-encefalica, quella che protegge il cervello dalle infezioni bloccando l'accesso ai virus e ai batteri (se non esistesse questa barriera qualunque infezione potrebbe danneggiare rapidamente il sistema nervoso centrale portando alla morte dell'individuo). Ma i “B” passano perchè sono gli unici autorizzati a esplicare la loro attività “poliziesca” anche dentro al sistema nervoso centrale. Perciò, utilizzando un cavallo di Troia l'EBV entra nel sistema nervoso centrale. A questo punto il sistema immunitario, tentando di eliminare il virus, induce una risposta infiammatoria che colpisce, danneggiandoli, anche i neuroni.

Evidentemente, queste reazioni avvengono solo nelle persone “geneticamente” predisposte, ma ancora non è ben chiaro chi lo sia e verso quale di queste patologie. Una cosa però è certa, se così stanno le cose, nel giro di alcuni anni sarebbe opportuno arrivare a una vaccinazione obbligatoria dei bambini, che almeno statisticamente potrebbe ridurre queste malattie gravissime. Chi sa che grazie a questa ricerca non si metta fine, una volta per tutte, all'incubo della sclerosi multipla.

lunedì, ottobre 29, 2007

Carta e penna: Ecco come si denuncia lo stato italiano.


Foto di Bethany L-King

Ricordate il post sulle procedure di infrazione in campo ambientale? Avevo promesso di scrivere le modalità con cui avviarle, e ogni promessa è debito. Potete segnarvi questo indirizzo:

Commissione delle Comunità europee
(alla cortese attenzione del Segretario generale)
Rue de la Loi, 200
B-1049 Bruxelles
BELGIO
Se scriverete al segretario generale (e non sono in pochi, pare, a farlo..), lo farete per denunciare una grave inadempienza dello stato italiano nei confronti della normativa europea, avviando così una procedura di infrazione.

Ma che cos'è precisamente una inadempienza?
Prima di tutto occorre capire come funziona la “catena gerarchica” delle normative comunitarie.
Gli stati europei hanno delegato all'unione la possibilità di legiferare in molti campi (non tutti, per esempio non in materia fiscale). Queste “leggi” europee sono sovraordinate rispetto a quelle nazionali (cioè “contano di più”), ma dovendo tenere conto della estrema diversità dei sistemi legislativi dei vari paesi non possono scendere nei dettagli attuativi, fermandosi a stabilire i principi, i provvedimenti e le modalità (a grandi linee) con le quali la direttiva dovrà essere attuata. E' lo stato che poi deve rendersi carico di calare queste volontà in una legge specifica e dettagliata. In paesi di fatto federali, come l'italia, lo stato spesso delega alle regioni la responsabilità di emanare una legge regionale che sancisca le ulteriori specificità. Potete ben immaginare quanto tempo passerà prima che la direttiva UE venga messa in pratica.

Riassumendo

Direttiva UE --> (tre anni) --> Legge dello stato --> (tempo a piacere) --> Leggi regionali --> (tempo a piacere) --> Attuazione pratica.

Se il meccanismo si inceppa o funziona male, siamo di fronte a una inadempienza.
Questa inadempienza può essere conseguenza di tre possibili cause:
1.Una direttiva europea NON è stata recepita entro il termine prefissato (tipicamente tre anni dall'entrata in vigore)
2.Una direttiva è stata recepita, ma in modo difforme o incompiuto rispetto a quanto previsto dall'unione europea.
3.Una direttiva è stata recepita correttamente dalla normativa nazionale, ma lo stato ha “dimenticato” in una o più occasioni, di “metterla in pratica”.
Ora concentriamoci su cosa VOI potete fare per far si che la normativa comunitaria venga rispettata davvero. Innanzitutto scaricate questo file e studiatevelo: è la domanda da inoltrare alla commissione, contenente tutti gli estremi dell'irregolarità che volete segnalare.
Senza scendere troppo nel dettaglio, possiamo soffermarci sui quattro campi più importanti:
1) Stato membro o organismo pubblico che, secondo il denunciante, non ha ottemperato al diritto comunitario:
Qui dovete inserire l'organismo pubblico responsabile della “non ottemperanza”. Perciò innanzitutto dovete chiedervi quale delle tre modalità che vi ho indicato sopra corrisponda al vostro caso. Se si tratta di un mancato recepimento è sicuramente colpa dello stato italiano, se il recepimento è difforme potrebbe essere lo stato o la regione di appartenenza a seconda del caso. Oppure, terzo caso, l'inadempienza potrebbe essere causata da un ente che ha la responsabilità attuativa delle normative emanate (per esempio una provincia o un ente parco).
2)Descrizione circostanziata dei fatti contestati
Questa è forse la parte più difficile. per convincere l'unione a procedere dovrete essere dettagliati ma contemporaneamente sintetici e convincenti, esponendo chiaramente i fatti. Dovrete pesare le parole in modo da evitare qualunque approssimazione o qualunque elemento che possa far pensare loro che leggendovi stiano perdendo tempo. Non includete in questa sezione il materiale a supporto della vostra denuncia (va inserito al punto 14).
3)Se possibile, menzionare le norme del diritto comunitario che, secondo il denunciante, lo Stato membro ha violato:
Anche se avrete sicuramente citato le normative già nel punto precedente, in questa sede è decisamente opportuno rintracciare i commi che riguardano specificamente l'inadempienza a cui vi riferite voi. Questo consentirà alla commissione di capire rapidamente quale attinenza hanno i fatti da voi segnalati rispetto alle previsioni normative dell'unione.
14) Indicare qui di seguito e allegare gli eventuali documenti giustificativi ed elementi probanti a sostegno della denuncia, comprese le disposizioni nazionali pertinenti:
Citate dati, possibilmente di fonte autorevole e se necessario includete (con moderazione..) materiale fotografico e pubblicazioni, compresi i testi delle normative nazionali o regionali che possono riguardare il vostro esposto.

Tutto sommato, denunciare lo stato italiano non è una procedura lunga e complicata. se la forza delle vostre argomentazioni e le prove a supporto di quanto dite sono sufficienti, è possibile che l'iter possa essere avviato, ma non aspettatevi tempi brevi per giungere alla condanna (ci vogliono 4 o 5 anni, sempre che nel frattempo lo stato non corra ai ripari).

Infine tenete presente anche che:

1)Non è detto che si arrivi a una condanna da parte della Corte di Giustizia europea (ma noi siamo bravi, e ci siamo riusciti 11 volte..). In moltissimi casi gli stati preferiscono “patteggiare” prima prendendo misure correttive.

2)Il fine ultimo per la comunità europea è la risoluzione del comportamento anomalo da parte dello stato indagato, non la sua vessazione amministrativa. Perciò uno stato inadempiente può cavarsela semplicemente con la cessazione dell'anomalia.

3)Se il denunciante lo richiede espressamente nella domanda (punto n°15), il suo nome non sarà divulgato ad alcun rappresentante dello stato denunciato (ottimo sistema per evitare ritorsioni..).

4)Il denunciante non deve provare di essere direttamente coinvolto nella questione (il cosiddetto “interesse legittimo”), in quanto può agire semplicemente in nome del bene comune.

5)La procedura di infrazione non rappresenta un metodo per “chiedere i danni” a uno stato, ma solo per cessare una situazione di anomalia giuridica o amministrativa (in pratica evitare che “pratiche sbagliate” ci possano danneggiare anche in futuro).

A questo punto non mi rimane che augurare buona fortuna a tutti i temerari, ricordandovi che la denuncia può essere presentata in qualunque sede di rappresentanza dell'unione, ivi compresa (ovviamente), quella italiana:
Commissione europea
Rappresentanza in Italia
Via IV Novembre, 149
I-00187 Roma
Tel: (39-06) 69 99 91
Fax: (39-06) 679 16 58, 679 36 52
E-mail:eu-it-info@cec.eu.int

domenica, ottobre 14, 2007

I problemi del sequestro profondo


Foto di Fazen

E' ormai da parecchio tempo che si parla di sequestrare l'anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche pompandola nel sottosuolo ad elevate profondità.
A dispetto dell'assoluta innaturalità del metodo, presto potrebbe essere necessario farlo.

Quell'autentica miniera di informazioni che è l'agenzia internazionale per l'energia, infatti, attraverso questo report ci informa che nel 2005, Gas Naturale (20,7%), Petrolio (35%) e Carbone (25,3%) hanno prodotto l'80% dell'energia mondiale. Poiché il nucleare non incontra il favore dell'opinione pubblica (diciamola così) e non è applicabile su larga scala ai paesi mondiali, e considerando che le rinnovabili sono ancora troppo poco efficienti, i combustibili fossili dovranno fornire ancora per parecchio tempo la grande maggioranza dell'energia utile. Certamente però, non possiamo continuare a peggiorare la concentrazione di anidride carbonica atmosferica a questo ritmo.

Perciò, anche se certamente non è l'unica, lo stoccaggio in profondità rappresenta comunque una delle soluzioni obbligate a patto che sia possibile pompare la CO2 prodotta nel posto stesso da cui abbiamo estratto il petrolio e il gas naturale che l'hanno generata. Questa soluzione limiterebbe due problemi, ovvero l'immissione di gas serra in atmosfera e la subsidenza (la tendenza del sottosuolo a “sgonfiarsi” e quindi a sprofondare) delle aree oggetto di perforazione.

Anche se ipotizzassimo una riduzione del l'1% annuo di contributo da parte delle fonti fossili (obiettivo a portata delle nazioni “occidentali” ma poco realistico a scala planetaria), ci vorrebbero almeno 80 anni per eliminarle. Inoltre, dall'industria petrolchimica derivano tanti di quei composti d'uso comune che sicuramente almeno il petrolio non può scomparire dal mix per qualche decennio. Perciò, sembra che il sequestro profondo sia inevitabile.

Infatti, i progetti di sequestro stanno andando avanti a tappe forzate. Il Dipartimento dell'Energia Americano ha sponsorizzato il Futuregen, un impianto sperimentale che brucerà carbone "pulito" pompando l'anidride carbonica nel sottosuolo e costerà, pare, ben 9 miliardi di dollari! Anche la BP (ex British Petroleum, che ora non a caso si chiama "Beyond Petroleum"), ha progettato alcune centrali che sfruttano questo principio ed ha fondato una compagnia (la "hydrogen energy") che si occuperà di costruire centrali a carbone pulito (qualcuno dirà: ma che c'entra il carbone con l'idrogeno? Per scoprirlo potete leggere cos'è il “carbone pulito”).

La domanda a questo punto è....

Ma siamo sicuri che lo stoccaggio di CO2 in profondità non abbia significative ricadute ambientali negative?
Qualche dubbio c'è.

Infatti, tanto per cominciare, non esiste più quasi alcun posto del mondo dove la produzione di energia avvenga nello stesso luogo nel quale la materia prima è stata estratta. Questo significa che è altamente improbabile che si possano riciclare i “buchi” fatti in precedenza.

Inoltre, sappiamo che le aree continentali nelle quali insistono i cosiddetti “campi di CO2” (ovvero sorgenti diffuse naturali di anidride carbonica generata da masse magmatiche a bassa profondità) danno luogo ad alcuni fenomeni preoccupanti. Infatti, il rilascio in falda di quantità significative di anidride carbonica, (specialmente in aree con importanti depositi tufacei) aumenta il prodotto di solubilità di alcuni sali, causando un aumento di concentrazione di alcuni elementi tra cui l'Arsenico (oltre alla tossicità ha anche un effetto cancerogeno se assunto cronicamente). Non a caso, la provincia di Viterbo e la zona del Lago di Bracciano (quasi interamente costituite da spesse coltri di tufo) sono caratterizzate da acque potabili che contengono una concentrazione di arsenico fino a cinque volte superiore rispetto al limite di legge (che è 10 ug/L) e si possono bere solo grazie a una deroga continuamente reiterata dalla regione lazio. La ciliegina sulla torta poi, si ha esaminando ciò che accade nei campi flegrei, dove la sola solfatara di Pozzuoli emette tra le 1200 e le 1500 tonnellate al giorno di CO2! Tutto ciò ci fa capire che se le rocce sovrastanti il serbatoio di sequestro sono molto porose e hanno caratteristiche geochimiche non adatte, si rischia di vanificare lo sforzo di sequestro dell'anidride carbonica, aumentando al contempo la concentrazione di elementi pericolosi nelle acque circostanti il punto di pompaggio. E sarebbe proprio un bel pasticcio...

venerdì, ottobre 05, 2007

La sopressione della prima e unica agenzia per i parchi


Beato federalismo. E' consolante sapere che ogni tanto le regioni hanno una grande intuizione (anzi, in questo caso, che avallano una grande intuizione avuta da qualcun altro, e precisamente il conosciutissimo e blasonatissimo Maurilio Cipparone). E' molto meno consolante scoprire che dopo tanti anni che questa buona idea è diventata realtà, i successori di coloro che ne hanno permesso la nascita hanno deciso di decretarne la morte.

Ma andiamo con ordine, e scendiamo nel dettaglio.
Correva l'anno 1993, quando su proposta di un giornalista, ex funzionario della regione Lazio, nonchè fondatore ed ex presidente di Greenpeace italia, la regione decise di istituire una Agenzia per i Parchi del Lazio (ARP). L'idea era rivoluzionaria, perchè per la prima volta si prendeva atto che era praticamente inutile creare decine e decine di enti gestori di aree protette per poi non popolarle di validi naturalisti, guardie, esperti di comunicazione. Ma assumere una massa notevole di persone per ogni area protetta sarebbe stato uno sforzo troppo grande..e probabilmente nemmeno necessario.

Così nacque l'ARP, costituita di personale di varia estrazione (geologi, naturalisti, esperti in comunicazione, guardie ambientali), che di volta in volta poteva svolgere servizi per i vari parchi del Lazio, ottimizzandone i tempi di lavoro e le attività promozionali e naturalistiche ma gestendone anche il controllo del territorio. L'ARP è l'unica agenzia regionale mai creata per questo scopo in italia, ed è stata spesso presa ad esempio come centro "di eccellenza" per le cosiddette "buone pratiche ambientali".

Oltre ai costi, un'impostazione del genere presenta un altro grosso vantaggio: la possibilità di concepire progetti di sistema tra le aree protette e di "orchestrare" tutte le attività di rete (per esempio calendari escursionistici e attività promozionali unificati per tutti i parchi). In più i dipendenti di ARP possono essere "intercambiabili" con i dipendenti degli enti parco, per cui, acquisita una determinata professionalità hanno poi la possibilità di "spostarsi" localmente per trasferire le loro conoscenze al servizio diretto di un ente.

Una grande idea.

Peccato però che la Regione Lazio, coinvolta nella bufera degli enti inutili, ha deciso di sopprimere l'agenzia "trasferendo" le competenze al rispettivo ufficio della Regione. In questo caso però, non riesco a pensare che non sia UNA SCUS., considerando che c'erano diversi altri motivi per prendere una decisione del genere.

Innanzitutto, dopo la fine della presidenza Cipparone (era il 2004), l'ARP è stata continuamente commissariata, e già da tempo avevo sentito dire che esisteva una certa volontà di sopprimerla.

In secondo luogo, un'agenzia INDIPENDENTE ha molti vantaggi:

  • non mette preferenzialmente le proprie forze a disposizione di uno o più parchi gestiti da personaggi associabili allo stesso colore politico della giunta regionale (qualunque esso sia, intesi!).
  • Decide in libera scelta quali settori di azione privilegiare (comunicazione, controlli, studi..) e stabilisce quale parco abbia bisogno maggiormente di quale servizio.
  • Stabilisce autonomamente il proprio grado di visibilità e come presentarsi al pubblico
E' logico quindi, che un assessore regionale all'ambiente non possa rivendicare i meriti di un organismo autonomo, nè possa condizionarlo territorialmente o tematicamente al di la di indicazioni di massima, ...e al di la della "leva" del bilancio.
In altre parole, tenere in vita l'ARP significa ammettere che si possono fare buone politiche senza bisogno dei politici. O almeno questa è la mia opinione.

Riportare quel lavoro dentro a un assessorato lo esporrebbe inevitabilmente alle burrasche delle scaramucce e degli umori politici, ovvero a far lavorare il personale peggio e meno. Oppure l'alternativa è quella di smembrarlo e assegnarlo a vari parchi, cosicchè si perderebbero i vantaggi di un lavoro multidiscipliare, organizzato e interconnesso. Comunque si giri la vicenda, un atto formalmente concepito "contro la partitocrazia e gli sprechi", è candidato a trasformarsi nell'esatto opposto. Con buona pace di chi legge le notizie in trafiletto sui giornali e senza sapere, approva.

Non ci resta che vedere se la Regione Lazio andrà fino in fondo al proposito o ci ripenserà (qualche segnale pare ci sia). Lo sapremo all'inizio del prossimo anno.

lunedì, settembre 24, 2007

Armi di infrazione di massa


Molti di voi avranno sentito parlare della "Procedura di infrazione", un meccanismo attraverso il quale l'unione europea verifica la conformità dell'operato degli stati membri nei confronti della normativa comunitaria.

Può sembrare che si tratti di questioni prevalentemente burocratiche, ma non c'è impressione più sbagliata: la corte di giustizia europea vigila sul rispetto delle norme, anche (e nel nostro caso soprattutto) in materia ambientale.
Potete dare una occhiata alle procedure di infrazione che il nostro paese si è attirato (fonte: Ministero delle politiche comunitarie) da quando esiste questo strumento:
Affari economici e finanziari 9
Affari esteri 2
Affari interni 7
Agricoltura 5
Ambiente 64
Appalti 20
Comunicazioni 3
Concorrenza e aiuti di stato3
Energia 6
Fiscalità e dogane19
Giustizia 2
Istruzione, università e ricerca2
Lavoro e affari sociali 16
Libera circolazione dei capitali 1
Libera circolazione delle merci 9
Libera circolazione delle persone 1
Libera prestazione dei servizi e professioni10
Pesca 4
Salute22
Trasporti 7
Tutela dei consumatori 1
Come si vede l'ambiente, in questa triste classifica, fa la parte del leone.

Se poi avete la curiosità di andare a vedere per quale motivo si proceda così tanto nei nostri confronti, andate pure alla maschera di interrogazione del sito della Curia europaea, e inserite la magica parola "habitat", per vedere cosa succede.

In prevalenza, rispetto alle altre motivazioni l'italia ha subito e continua a subire, c'è una lunga serie di procedimenti che spesso termina in una condanna (o nel migliore dei casi con interventi correttivi in extremis) per il non rispetto della direttiva habitat, quella che ha istituito la rete Natura 2000 e gli strumenti ad essa collegati (Valutazione di incidenza e Piano di Gestione).

Ma di che si tratta precisamente? Nel 1993, con la direttiva Habitat, si è stabilito che ogni stato UE delimitasse dei siti di interesse comunitario (SIC), istituiti per proteggere aree di territorio nelle quali si trovano habitat naturali (o anche seminaturali) rari e delle zone di protezione speciale (ZPS), nelle quali soggiornano periodicamente specie di uccelli divenute rare (qui trovate il database e le cartografie dei siti).
In queste zone si devono adoperare tutti quei provvedimenti necessari a conservare quelle specie e quegli habitat. E qui sta il punto della discordia, perchè la rete natura 2000 è nata per preservare le specie attraverso una conservazione attiva, che deve mirare al risultato.

Il cuore della direttiva è l'art.6, che recita:

1. [...] gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali [...] e delle specie [...] presenti nei siti.

E qui sorgono le prime domande: quante sono le misure necessarie? quando un piano può dirsi appropriato? come si stabilisce la conformità di misure di tipo amministrativo ad esigenze di tipo ecologico? E sopratutto, aggiungo io, come fa il gestore “istituzionale” di un sito a fronteggiare adeguatamente la sua inevitabile ignoranza in materia?

2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative [...].
Anche se la frase sembra vaga, lo stato di conservazione di un habitat si può stabilire con sufficiente precisione: numero e consistenza delle specie presenti, presenza di minacce, trend evolutivo dell'ecosistema. Se un habitat naturale risulta particolarmente degradato (in un SIC) o il contingente di una specie aviaria rara (per le ZPS) o di altro gruppo sistematico (per i SIC) risulta in diminuzione, e non sono state realizzate tempestive misure correttive, si rischia una condanna.
3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito[...]

Anche questo comma è foriero di procedure di infrazione. Il significato è inequivocabile: qualunque attività organizzata (dalla sagra paesana alla realizzazione di una strada, dal taglio selettivo del bosco alle concessioni sulle spiagge di un lago) è soggetta a una procedura di valutazione degli impatti che questa attività comporta sul sito. Addirittura, la valutazione deve essere fatta anche se ciò non accade dentro il sito ma nelle sue vicinanze; purchè i suoi impatti su quest'ultimo siano chiari ed evidenti.

Chi legge attentamente queste righe, si renderà conto che non è previsto nessun divieto. La logica di questa normativa infatti è quella di ottenere il risultato della conservazione responsabilizzando chi le aree le gestisce. Molte cose possono essere concesse, purchè adeguatamente bilanciate da una politica di monitoraggio e di intervento attiva.

Il rovescio della medaglia è che in Italia (abituata alla dicotomia consentito-vietato) questo approccio non è stato affatto capito, come a dire che tutto, più o meno, si può fare.
E' sufficiente consultare il database delle procedure di infrazione per rendersi conto di come l'italico amministratore abbia fino a poco tempo fa schifato le aree “Natura 2000”, per poi considerarle, in qualche caso, la peste bubbonica di ogni piano regolatore.

E' emblematico il caso della famigerata funivia realizzata e delle piste da sci "ritoccate" (Giunta Formigoni) nell'alta Lombardia, spianando una torbiera ricca di specie endemiche e relitte e tirando giù un numero di alberi triplo rispetto a quanto previsto dalla valutazione di impatto ambientale dell'opera (qui la lista completa dei danni). E infatti, è appena arrivata la condanna della corte di giustizia europea.

Nel prossimo post vi spiegherò come un semplice cittadino possa innescare una procedura di infrazione (casomai qualcuno fosse interessato...)

sabato, settembre 15, 2007

Nucleare: i risultati del sondaggio



Finalmente è venuto il momento di commentare il mio primo sondaggio.
Alla chiusura delle votazioni sono stati conteggiati 57 voti: statisticamente non molti per dare una idea accurata delle reali proporzioni, ma quantomento penso di poter dare una interpretazione abbastanza indicativa dei risultati.

Un blog dichiaratamente ambientalista, innanzitutto, non può non tener conto del fatto che le opinioni dei suoi lettori siano orientate verso una certa corrente di pensiero. Per questo, sul mio blog una domanda come "sei favorevole o contrario al nucleare?" non avrebbe avuto senso: i contrari avrebbero superato il 90%, e il sondaggio sarebbe stato inutile.
Perciò la domanda del sondaggio "Cosa temi di più della tecnologia nucleare" dava per scontato che chi rispondeva fosse tendenzialmente contrario a una nuova adozione di questa opzione energetica, concentrandosi invece su quelli che sono i pericoli percepiti dai lettori del blog.

I risultati

I voti sono stati così distribuiti:
Il fatto che è una reazione a catena: 8 voti, pari al 14%
Le scorie esauste: 33 voti, pari a quasi il 58%
La paura di non sapere la verità: 16 voti, pari al 28%
Le emissioni in fase di esercizio: 0 voti
Il risultato di questo sondaggio offre quindi alcune conferme e alcune sorprese. Per parte mia immaginavo che restituisse un'opinione un po' più distribuita tra le opzioni possibili.
Invece, il problema delle scorie esauste ha dimostrato di essere il maggiore punto di contrarietà, una contrarietà che ha assunto un grosso margine: più della metà dei voti.

La "paura di non sapere la verità" segue con poco meno di un terzo dei voti; non è poco, considerando che si tratta di un problema che in teoria dovrebbe essere il più facile da risolvere.

Le due risposte inerenti il "funzionamento" della centrale nucleare hanno raccolto molto poco. Addirittura, nessuno ha reputato di avere una forte preoccupazione nei confronti del suo esercizio quotidiano.

Ne trarrei quindi queste conclusioni:
Il problema delle scorie è, e probabilmente rimarrà a lungo, il più grande deterrente nei confronti della tecnologia nucleare. La motivazione può essere letta sia nella paura di avere a che fare con il trasporto di materiale radioattivo, sia nel rischio che i depositi (temporanei o permanenti che siano) possano disperdere radionuclidi nell'ambiente, sia ancora nella volontà di non consegnare una brutta eredità alle generazioni future.

Il funzionamento generale di una centrale nucleare non desta grosse preoccupazioni. Si ha abbastanza fiducia nel fatto che la reazione a catena della fissione possa essere controllata senza problemi dalle tecnologie di contenimento attuali. Nessuno poi, ha ritenuto di preoccuparsi eccessivamente delle emissioni "quotidiane" (fatto che mi ha un po' sorpreso).

La paura di non sapere la verità è abbastanza radicata nell'immaginario collettivo. Il cittadino italiano, diffidente (e come dargliene torto) verso le istituzioni, non riterrebbe di essere sufficientemente tutelato in caso di incidente. Combinando questa considerazione con la precedente, ne emerge un quadro per cui sembra che il ragionamento generale sia: "mi fiderei anche, ma solo fintanto che tutto va bene".

Commenti
A questo punto potremmo porci la domanda: "Che differenza c'è tra quanto viene percepito e la realtà dei fatti?". Certamente non posso dare "LA" risposta, perché molti aspetti della mia posizione sono questionabili, ma faccio qualche considerazione.

Il principio di funzionamento di un reattore nucleare si basa sulla reazione a catena generata dalla fissione. Questa è una caratteristica intrinseca di questa tecnologia che in passato ha creato tanti problemi, famigerato il caso del famoso incidente di Three Miles Island (vi consiglio di leggere questo dettagliatissimo rapporto su cosa accadde in quella circostanza), negli stati uniti. In quel caso il nocciolo fuse e penetrò nel sottosuolo. Le tecnologie attuali creano un sistema di sicurezza molto più raffinato, ma è certo che se lo sfruttamento dell'energia nucleare non si basasse su questo principio, sarebbero intrinsecamente impossibili quasi tutti gli incidenti finora occorsi.

Le scorie esauste vengono vetrificate e quindi rese inerti. Non possono polverizzarsi, non hanno problemi di lisciviazione. Sembrerebbe di dedurre che sia sufficiente confinarle per non avere pericoli. Eppure, la scorsa primavera presso l'impianto di stoccaggio e riprocessamento di La Hague in Francia, furono rilevate alte dosi di radioattività nei corsi d'acqua e perfino nei prodotti caseari (potete leggere qui). Com'era potuto accadere?
La storia recente ha dimostrato che in qualunque paese (anche "evoluto") si vada non c'è modo di sapere quante scorie vengono stoccate, come vengono trattate, quanto tempo passa dall'arrivo al riprocessamento, quale monitoraggio ambientale si faccia nei dintorni. Finchè esisteranno le scorie nucleari, non ci sarà adeguata trasparenza e non si chiuderà il ciclo, questo problema rappresenterà un grosso deterrente verso l'energia nucleare.

La paura di non sapere la verità è un problema che sta acquisendo sempre più importanza, non perchè si tenda a nascondere le cose più che in passato, ma perchè ormai i cittadini cominciano a pretenderla e ad avere gli strumenti legali sia per ottenerla, sia per avere voce in capitolo nelle scelte. E' un processo straordinario, che molte istituzioni continuano a sottovalutare, compiendo errori di valutazione grossolani.

Veniamo infine al problema delle emissioni in fase di esercizio. Sono d'accordo sul fatto che in condizioni normali non ci sia di che preoccuparsi, e che la radioattività ambientale cresca di quantità molto basse rispetto alla variabilità del fondo naturale tra luogo e luogo. E' vero però che esiste una forma di impatto sottovalutata, che caratterizza tutte le centrali elettriche che basano la produzione di energia sul vapore: il consumo d'acqua. Una stima dell'U.S. Geological Survey ci indica che nel 2000, nei soli stati uniti, l'evaporazione del 3% del prelievo idrico utilizzato per il raffreddamento delle centrali (sia nucleari che termoelettriche), è costata ben 22 km cubi di acqua. Il suo contenimento nei prossimi anni potrebbe diventare un fattore determinante perfino per la sopravvivenza di alcune centrali elettriche "convenzionali" già esistenti.

Tempo fa, in questo post, ho parlato degli acceleratori nucleari, una tecnologia allo studio, che promette di risolvere in futuro tutti i problemi citati, prima fra tutti la sicurezza "intrinseca". Non per niente ho votato anch'io, la prima risposta.

A breve pubblicherò un nuovo sondaggio.

martedì, settembre 11, 2007

L'ascesa del solare a concentrazione


Foto di Schwarzerkater

Nessuno dica che i cartoni animati non sono istruttivi. Da piccolo ero affascinato dai paradossi termodinamici che caratterizzavano i robot della televisione; Daitarn III (uno dei miei preferiti) sfruttava meravigliosamente l'energia solare senza possedere alcun pannello fotovoltaico, nessuna superficie assorbente, nulla. Forse a lui si sono ispirati i tecnici delle ormai tante società che in giro per il mondo stanno costruendo innovativi pannelli fotovoltaici a concentrazione. O più prosaicamente, sono stati ispirati dalla continua ascesa del prezzo del silicio monocristallino, quasi monopolizzato dall'industria dei semiconduttori.

Oggi produrre un pannello tradizionale costa tantissimo perchè il processo di purificazione del silicio è oneroso e conteso dall'industria elettronica. In più i rendimenti continuano ad essere troppo bassi (al massimo il 20% per le tecnologie in produzione) e i nuovi materiali (leghe gallio-Arsenico o cadmio-tellurio) comportano costosi processi di produzione e seri problemi di impatto ambientale a fine ciclo. Come fare quindi per risolvere il problema?

Il principio che unisce i progetti a concentrazione, è che se l'elemento assorbente deve essere il più piccolo possibile è necessario convogliare su di esso la quantità di energia che cadrebbe su una grande superficie. Per fare questo serve uno specchio che concentri sull'elemento fotosensibile i raggi del sole. Con questo sistema concentro su pochi cm quadrati ciò che cadrebbe su un metro quadrato. Per farlo ci sono due ipotesi: la prima è che l'elemento di silicio sia collocato dietro una lente trasparente curva; la seconda è che l'elemento sia davanti alla lente, la quale agisce da specchio riflettente. Nel primo caso avremo un pannello di forma analoga a quello classico, nel secondo una parabola simile a quella satellitare.

Questi sistemi però hanno uno svantaggio: poichè le superfici curve concentrano il sole in un punto, e tale punto deve essere il sensore, è necessario che questo sia perfettamente in asse con il fuoco della lente. Ciò significa che il dispositivo deve il più possibile guardare il sole e quindi essere dotato di un sistema di "inseguimento" della radiazione incidente (anche perchè, se non lo fa, l'energia viene direzionata altrove con drastiche cadute della resa). Sono del primo tipo i pannelli prodotti da Armonix, Arontis (che produce dei pannelli ibridi fotovoltaico-termico di cui ho già parlato) e Soliant.

Ma un consorzio dal cuore italiano, che su un nucleo di ricercatori dell'università di Ferrara ha polarizzato gli investimenti di ENI e ST Microelectronics (tra gli altri) ha fatto di meglio (com'è che quando si parla di inventiva non ci batte nessuno?).
Hanno creato un prototipo di specchio parabolico capace di scindere le lunghezze d'onda della luce proiettandole, concentrate, su dei sensori specializzati nell'assorbimento di quelle specifiche lunghezze d'onda. Sembra l'uovo di colombo: rese del 40% su superfici molto più contenute.

Che sia davvero la "disruptive technology" che stavamo aspettando?
Per ora, non sono disponibili molte informazioni, ma come per il kitegen, attendiamo fiduciosi.

Per approfondimenti
L'energia solare e la tecnologia fotovoltaica - approfondimenti tecnici

venerdì, agosto 31, 2007

L'eclissi della SARS e gli allarmi OMS.


Foto da PingNews.com, via Flickr

La psicosi da aviaria di questi anni mi ha scatenato fin dall'inizio delle domande inquietanti. Il virus H5N1 (e i suoi parenti stretti, leggete anche questo approfondimento), almeno finora, si è diffuso da animale a uomo (tranne alcuni casi dubbi) e ha mostrato di aggredire e causare il peggio quasi esclusivamente in individui deboli, impossibilitati a curarsi efficacemente e soggetti a pessime condizioni igieniche. Eppure, soprattutto nel 2005 a leggere i giornali sembrava di trovarsi di fronte al tracollo dell'umanità. L'allora Ministro della Sanità Francesco Storace "preacquistò" una grossa quantità di "vaccini", dei quali non si è mai saputa l'efficacia, visto che sicuramente non potevano essere specifici per l'H5N1 e altrettanto sicuramente non potevano essere stati testati su un sufficiente numero di pazienti.

Una situazione tra l'altro più controllabile rispetto alla SARS: un virus della polmonite estremamente resistente, facilissimo da contagiare tra uomo e uomo e perciò rapido nella diffusione; e mortale nel 10% dei casi (qui un riassunto interessante della sua esplosione nel periodo 2003-2004). La SARS dal momento della comparsa si è sparsa rapidamente per il globo, ha infettato poco meno di 8500 persone e causato 908 decessi, tra cui quello di Carlo Urbani, per il quale la riconoscenza che potremo dare non sarà mai abbastanza.

Eppure questa creatura all'apparenza invincibile, così come era comparsa si è volatilizzata. Sparita nel nulla all'improvviso. Lo potete constatare se andate a leggere IL sito di riferimento per informarsi in materia, ovvero la pagina SARS dell'OMS. Dopo il report di ottobre 2004 (a 5 mesi dall'ultimo caso), non accadde più nulla; la SARS sparì nelle campagne del Guangdong dalle quali (forse) era partita. Si disse che il virus fosse "saltato" all'uomo dallo Zibetto, il quale mostrava tracce di un virus simile alla variante umana, ma non era certo se nel rapporto ( in prevalenza culinario) con la popolazione cinese, individui di questa specie fossero stati i contagiatori o i contagiati.

I virus però, sono come i vulcani: mai darli per vinti. Possono manifestarsi di nuovo, senza preavviso e con estrema violenza (vedi Ebola, il più famoso).
Infatti molti non sanno che l'OMS ha confermato che alcuni mesi dopo la fine dell'emergenza, in Cina vi fu un periodo di recrudescenza della SARS, (con tanto di morto - primavera 2004), ma era dipeso dal fatto che il virus era "scappato" da un laboratorio nel quale si stava facendo sperimentazione.

A quanto pare però, le ricerche si sono dimostrate fruttuose: dopo qualche anno di silenzio totale, ci sono novità. L'interessantissimo sito Molecularlab.it ci da due notizie (una del 2006 e una del 2007) che ci fanno capire che la ricerca sulla SARS va avanti e con buone prospettive.

Ho solo qualche dubbio, che mi è venuto leggendo una notizia. Pare che almeno in un caso (e chissà in quanti altri), i sintomi simili abbiano portato alcuni medici a confondere la diagnosi di un paziente credendolo affetto da SARS, quando invece era stato colpito da aviaria. E mi chiedo: sarà l'unico caso? Quanti ospedali sarebbero attrezzati per una diagnosi differenziale (e relativa cura) tra SARS e H5N1? E se avessimo costruito male le statistiche di patogenicità? E se avessimo sopravvalutato o sottovalutato l'uno o l'altro virus? Forse è meglio non chiederselo.

Comunque, tanto per non diffondere il panico, una recente dichiarazione dell'OMS (contenuta nel rapporto annuale sulla salute del 2007 e riportata dall'ANSA), ci ricorda che negli ultimi anni è comparsa mediamente una nuova malattia infettiva grave ogni anno, e a causa della globalizzazione, mai come oggi i rischi di pandemia sono stati così elevati.

C'è di che stare allegri.

lunedì, agosto 27, 2007

Scansano: Tanto rumore per poco rumore


L'impianto dei poggi alti visto (e zoomato) dal crinale prospiciente

Avendo deciso di spendere quei pochi giorni di ferie di cui dispongo in Maremma, sono passato a dare finalmente una occhiata al "famigerato" impianto eolico dei "Poggi alti" di Scansano (GR), costruito da Gamesa nel "cuore" della maremma interna. L'impianto è stato costruito con estrema rapidità e di recente inaugurato in una piccola frazione comunale ("Murci"), su un crinale interno non molto visibile. Probabilmente sapete che già che esiste una contesa feroce tra italia nostra e un imprenditore locale (da una parte) e le istituzioni (dall'altra) sulla realizzazione di questa struttura. Questa sentenza del TAR, ha stabilito (direi con notevole buon senso) che ai fini della sua autorizzazione la Regione Toscana non poteva evitare la procedura di valutazione di impatto ambientale su un progetto di questa portata (potete trovare una traccia del pronunciameno anche su GreenReport, ma di questa sentenza, che farà scuola, conto di riparlarne con il dovuto approfondimento).
Prima di ogni ulteriore considerazione, vi dico subito che a distanza di 150m il rumore delle pale si percepisce come un brontolio basso e cupo, che non dava, almeno a me, nessuna noia. Dal punto di vista impiantistico le specifiche (ricavate dal sito Gamesa e dal sito del Comune di Scansano) sono le seguenti:

Numero pale: 10
Tipo generatore: G90
Potenza di ogni pala (picco): 2MWp (20MWp tutto l'impianto)
Cut-in: 3 m/s (9 giri al minuto)
Cut-off: 21 m/s (19 giri al minuto)
Diametro: 90m
Stima elettricità annua prodotta: 40GWh

Ho fatto due conti sulla realizzabilità delle stime previsionali di 40GWh annui, immaginando che la potenza erogata fosse grosso modo proporzionale alla frequenza di rotazione (stima non certo accurata ma non inverosimile). se ipotizzo che 19 giri al minuto comportino 2MW a pala, allora 9 giri al minuto dovrebbero rilasciare 0,947MW. Sulla base di queste stime, per produrre 40GWh annui servono circa 11 ore e 34 minuti di funzionamento a minimo regime al giorno. Non so dire se per quel sito siano tanti o pochi ma sono molto curioso di vedere se l'impianto rispetterà le stime di Gamesa.


Dalla foto non sono avvertibili i movimenti delle pale. Solo alcune erano in funzione.

Osservandone il funzionamento, a dire la verità sono rimasto in dubbio sulla effettiva ventosità del luogo, considerando che solo tre pale su dieci erano in funzione, e a regimi di rotazione bassi.
Certamente il momento non erano ideale: in prima mattina e con un cielo di nubi alte e uniformi si verificano le condizioni peggiori possibili.
Non mi sono appostato con il panierino per tutto il giorno (e del resto ce ne vorrebbero 365 per capire), ma una cosa è certa: se, come ci dice lo IES e come riporta ENEL, ammettiamo un consumo medio di 4000-4300kwh annui per nucleo familiare, allora questo impianto può fornire energia per circa 4 mila persone (un migliaio di famiglie), ovvero il 90% dell'energia elettrica necessaria per il settore residenziale di tutto il territorio comunale di Scansano.

La notizia è bella, se pensiamo che il comune ha quasi ottenuto l'autosufficienza elettrica (ripeto: solo del settore residenziale), ma non è confortante se pensiamo che ciascun comune che abbia un sito con discrete condizioni di ventosità dovrebbe montare uno di questi impianti, per potersi dichiarare "sostenibile".

Particolare dei generatori Gamesa G90, da 2MWp l'uno. Non sembra, ma hanno un diametro di ben 90m!

Chiaramente i discorsi che ho fatto sono volutamente un po' troppo semplicistici/didattici. A complicare il calcolo contribuiscono moltissimi fattori, a cominciare dal reale consumo delle abitazioni, dalle politiche urbanistiche, dalle propensioni degli abitanti al risparmio energetico, dall'inclinazione ad accettare le novità, alla sensibilità verso il problema della sostenibilità ambientale.

Se però volete la mia opinione, secondo me il famigerato impatto paesaggistico (e acustico) è stato esagerato, e certamente sarà molto minore rispetto a quello delle sconfinate periferie di Roma, Napoli o Milano...

giovedì, agosto 09, 2007

Quanto sono verdi certi padani!


Foto di Peupleloup

Forse c'è più di un motivo per cui il verde sia il colore preferito della Lega Nord. I senatori Galli e Calderoli (di professione rispettivamente ingegnere e dentista) hanno dato di recente dimostrazione di avere a cuore le politiche ambientali, proponendo idee alquanto innovative in materia, e dimostrando una profonda conoscenza dei problematiche e delle possibili soluzioni.
Il Senatore Galli (ingegnere, imprenditore e membro della commissione per il lavoro), della Lega Nord, nella seduta n°203 del 25 luglio ci ha fatto capire di chi è la vera colpa degli incendi:

Quanto sta avvenendo in questo periodo e in questi anni, a parte condizioni eccezionali (le estati particolarmente torride, il terreno particolarmente secco e la mancanza di piovosità, tutti fattori oggettivi che si possono considerare), è proprio il risultato di due componenti: la politica "verde", che nel nostro Paese si è seguita negli ultimi trent'anni, e il concetto quarantennale di Stato, che si comporta come una sorta di stipendificio, invece che come un insieme organizzato per gestire il territorio.
Certo, non avevo dubbi che gli incendi fossero colpa al 50% dello stato e al 50% degli ambientalisti (leggi: spectre verde).
Infatti, non sono gli alberi che bruciano (questa è solo una conseguenza), ma in realtà sono tutte le sterpaglie secche e i cespugli del sottobosco che innescano e propagano gli incendi.
Certo, gli alberi poverini sono aggrediti dal fuoco, sono le sterpaglie brutte e cattive che il fuoco addirittura lo innescano!
Questo una volta non succedeva, perché le popolazioni agricole e rurali tenevano pulito il sottobosco. Negli ultimi 20-30 anni, l'ideologia verde spinta, per così dire, in alcune zone (lo vedo anche dalle mie parti, dove esistono molte aree boscate) ha impedito addirittura di rastrellare le foglie in autunno.
Interessanti queste disposizioni. Peccato che se mai fossero esistite (e mi sa tanto di leggenda metropolitana..anzi, rurale) avrebbe dovuto emanarle un ente deputato alla gestione del territorio, e non una facinorosa associazione ambientalista. Poi mi chiedo come si possano impedire gli incendi togliendo la lettiera (che notoriamente contribuisce a conservare l'umidità e lo strato di humus) dal sottobosco.

E' preoccupante però il fatto che questa leggenda della pulizia del sottobosco continui a convincere non solo zelanti ingegneri della Lega Nord, ma anche molte persone comuni, come se fosse sufficiente (e necessaria) per salvare un bosco dal fuoco.
La leggenda nasce dal fatto che la maggior parte delle cosiddette aree "boscate" è costituita da macchia, forteti o pinete, che i nostri cari amministratori scambiano per boschi naturali (perchè, i boschi non sono tutti uguali?).
In tutti e tre i casi non parliamo di un bosco naturale, ma di qualcosa che di per se è una variante antropizzata che è già stata messo in condizione, dalla "gestione" dell'uomo, di accendersi come un cerino, mentre i boschi naturali (ovvero secolari, stratificati, non "puliti" ne sopra ne sotto e composti da specie più resistenti) conservano molta più umidità e molto più soprassuolo. La mancanza del sottobosco, nei boschi di pendio in particolare, può accelerare il propagarsi degli incendi a causa di un maggiore effetto camino.

Ora però passiamo al senatore Calderoli, che a differenza di Galli non è passato affatto inosservato. Che dire infatti di questo articolo comparso sul Giornale, che ci informa del fatto che l'ex Ministro (Dentista) ha dichiarato a Vanity Fair:
«In casa ho due lupi, il mio sogno. Dove li ho presi? certo non li ho comprati. È vietato. Un mio amico carabiniere che aveva lavorato nel parco se n’è portato a casa una coppia. La femmina era incinta. Due cuccioli li ho presi io».
Su questo increscioso episodio non mi pronuncio (ci ha gà pensato Rosasco, dei radicali, che lo ha denunciato), ma tengo a far notare che la redazione de "Il giornale" (l'articolo non è firmato dall'autore) ha commentato così:
"C’è piuttosto da rimanere sorpresi, come in questa occasione, se Calderoli viene denunciato per la sua dichiarazione più innocente e positiva fatta a memoria d’uomo."
Mi pare di capire quindi che Il Giornale considera positiva una 1) violazione della legge, 2) compiuta da un parlamentare 3) aiutato da un carabiniere!

Per il momento, preso dallo sconforto, penso a Matteo e Trilly (così li ha chiamati), che non essendo due pastori tedeschi, ma due veri lupi, quando cresceranno si mangeranno probabilmente tutte le suppellettili a portata di zanna, in attesa che l'ex ministro si rivolga all'amico carabiniere per ricollocarli in un sottobosco che nel frattempo il Senatore Galli avrà fatto pulire.

domenica, agosto 05, 2007

Cinque alberi per Via Gluck. Ma nel Lazio.


Foto di Emrald Cicada

Chi l'avrebbe detto che un giorno avremmo potuto ascoltare "Il ragazzo della via Gluck" al contrario? La dove oggi ci sono quartieri e periferie degradate, o vecchie aree industriali dismesse, domani potrebbe esserci un bosco ("potrebbe", e il perchè lo capirete tra poco), ma di questo rovesciamento di prospettive potrete beneficiare solo se vi trovate nel Lazio.

Infatti, il sito della Regione Lazio ci informa del fatto che l'assessore regionale all'ambiente (Filiberto Zaratti) ha inserito in un accordo di programma quadro un finanziamento di un milione di euro per l'adesione alla campagna dell'UNEP "PLANT FOR THE PLANET". Grazie a questa iniziativa, sarà possibile riconvertire i posti più brutti che avete davanti agli occhi in un luogo gradevole dove passare il tempo, e dove costruire una sacca di stalingrado per i poveri volatili, rettili e micromammiferi desiderosi di costruirsi un avamposto nel cuore dell'inospitale alveare umano (chissà se faranno la parte dei russi o dei tedeschi...).

Spendo due parole per plaudire al coraggio di quel consigliere o funzionario regionale che ha avuto un'idea brillante (anche se, tutto sommato, semplicemente di buon senso) e densa di ricadute positive. Si tratta di un segnale importante per invertire l'accanimento tutto italico alla progressiva e incessante eliminazione degli alberi dal tessuto urbano.

Però, però..com'è che mi sorge qualche perplessità? Mhh...vediamo un po'....

Se fossi io l'assessore regionale, cercherei di concentrare gli interventi (e i soldi), nelle aree che ne hanno maggiormente bisogno (come del resto è scritto nel comunicato pubblicato dalla Regione), vuoi per le polveri sottili (aree industriali o soggette a traffico intenso) o per l'effetto "isola di calore" dei quartieri (aree densamente abitate in cui la pianificazione urbanistica non ha previsto alcunché di colore verde o almeno verdolino), o perché si tratta di periferie anonime dominate dall'associazione vegetale più antipatica che esista (la cosiddetta "steppa antropica", che in città è rappresentata da quell'accozzaglia di ex aiuole e triangolini di incolto che bordano le reti viarie e gli spazi vuoti di periferia..).
In subordine, si potrebbero ripiantumare, almeno in parte, quelle zone in cui un tempo le foreste planiziali la facevano da padrone e ora regnano il cemento e le ciminiere (Ebbene si, mi riferivo all'agro pontino..).

E' per questo che stride un po' l'affermazione

"ci stiamo impegnando a creare nuove aree boschive in tutti i 387 Comuni del Lazio"
Se la matematica non è un'opinione, direi che si tratta di 2583,97 € (= 5 milioni di vecchie lire, circa) a Comune, sufficienti probabilmente per piantare quattro o cinque alberi per sito. Di fronte alla penuria di soldi a disposizione quindi è inutile suddividere il finanziamento in #trecentoottantasette/00# rivoli (anche perché piantare un albero, che ne so.., a Barbarano Romano, è come svuotare un bicchiere nel mare); sarebbe anzi il caso di scegliere cinque o sei aree industriali dismesse (per esempio) da cui far partire la "reconquista".

Certo, in quel caso, arriveranno le telefonate di protesta di qualche sindaco panzone di un paesino di 100 abitanti che voleva partecipare anche simbolicamente a questo evento, ma forse nemmeno a lui converrebbe far vedere i cinque alberelli che avrebbe piantato.....

Penso e spero che invece l'idea sia quella di concentrare gli interventi, anche perché, conoscendo (da dentro) la pubblica amministrazione, non dubito che finirà come dico io.......

giovedì, luglio 26, 2007

Un anno/2 - Le scoperte più interessanti


Foto di Kyle Simourd (Chichen Itza)

A conclusione del primo anno di vita del blog, non posso non soffermarmi sulle dieci "scoperte" (almeno per me sono state tali) più interessanti di questo periodo. Mi chiedo cosa verrà fuori di qui al 16 Luglio 2008...

buona lettura

1) La fusione nucleare domestica (leggi post)
In italia c'è un club di persone, appassionati e scienziati, che si sta attrezzando per riprodurre la "fusione (più correttamente una trasmutazione) nucleare" fredda nella cantina di casa propria. Sul loro forum potete seguire passo passo lo stato degli esperimenti.

2) La giostra delle meraviglie (leggi post1 e post2)
Del Kitegen ne hanno parlato più o meno tutti. E' un progetto per costruire una sorta di gigantesca giostra di aquiloni che dovrebbero produrre una quantità notevole di energia (la stessa di una centrale nucleare nello stesso spazio di sorvolo) catturando i venti in quota. Ho avuto la possibilità di scambiare due parole con Ippolito (il suo ideatore), che mi ha dato chiarimenti sui possibili impatti ambientali.

3) Il GPL non è un santo, ma il gasolio è tremendo (leggi post)
Ogni km percorso da una macchina diesel comportava (nel 2003) l'emissione mediamente di un grammo tra formaldeide e acetaldeide (1 kg ogni mille chilometri). A mio giudizio basterebbe già questo per bandirle, ma ci sono anche le polveri sottili. Perfino il GPL, combustibile pulitissimo, ha i suoi difetti: emette troppa CO2.

4) Le strane virtù della pompa di calore (leggi post)
La pompa di calore incarna nell'immaginario il prototipo dei consumi superflui e insostenibili. In realtà è in grado di generare calore con un rendimento del 300%. Non è un assurdo termodinamico, semplicemente succhia il caldo da dove c'è freddo....

5) Il club dei vesuviani (leggi post)
A Pompei andò molto male, ma negli ultimi 7000 anni ci sono posti che hanno visto eruzioni immensamente più potenti. Alcune sono avvenute in terre disabitate, altre no.....

6) La bomba atomica invisibile (leggi post1 e post2)
Ormai non c'è dubbio: Inalare l'ossido di uranio (derivante dalla combustione dell'uranio impoverito) è come installarsi un reattore nucleare nei polmoni. Gli americani lo usano da tempo decantandone le lodi (ai fini militari), ma a quanto pare al pentagono scarseggiano i consulenti medici...

7)Nessuno è perfetto, per essere gentili... (leggi post)
Il Comune di Anguillara, con finanziamento del Ministero dell'Ambiente, ha "messo in sicurezza" la rupe del centro storico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, e secondo me non era certo la soluzione migliore.

8) Il nucleare "delicato" (leggi post)
E' allo stato di progettazione una tecnologia in grado di realizzare un nucleare pulito, che non produrrà scorie altamente radioattive, non rischierà di esplodere e potrà funzionare con combustibile meno pericoloso dell'uranio. si chiamano ADS o "acceleratori nucleari" e per i prossimi vent'anni non se ne parlerà. Ma dopo?

9) Un nido al calduccio (leggi post)
A Chernobyl alcuni uccelli nidificano dentro il reattore e le foreste si sono ripopolate di grandi erbivori e carnivori. Uno scherzo del destino? Assolutamente no: la mancanza dell'uomo compensa il disagio di vivere in un ambiente mutageno; questo è vero soprattutto per animali di piccole dimensioni e vita breve. Non si finisce mai di imparare..

10) Il mercurio e la qualità della vita (leggi post)
Esistono persone che hanno avuto pesanti danni neurologici dalle otturazioni di amalgama. Alcuni bambini sono diventati autistici per i vaccini. In entrambi i casi il responsabile è il mercurio; anche se i vaccini da poco non lo contengono più e l'amalgama non viene più utilizzato, questo metallo continua ad essere presente , e i suoi danni sottovalutati.

venerdì, luglio 20, 2007

E dopo sei mesi venne il terriccio...


La prima paletta di terriccio, poi setacciata.

Quando porto i miei amici a vedere la scatola magica che ho messo in giardino (grazie al comune di Anguillara) rimangono spesso stupiti. Mozart (così abbiamo chiamato il compostatore) lavora sempre e ha un appetito invidiabile.
L'abbiamo collocato verso fine gennaio in giardino, ansiosi di toccare con mano il processo con cui la natura si rinnova.


Mozart in tutto il suo splendore. Da notare la struttura fatta apposta per intrappolare l'evaporazione.

All'inizio per essere sinceri, non eravamo molto sicuri di ciò che facevamo: qualche sfalcio, due o tre litri di terriccio comprato (giusto per dargli un pool di batteri con cui partire) e un bel po' di
avanzi del pasto. Tuttavia, le basse temperature e la paura di infradiciarlo con troppa acqua (terrorizzati dai nostri vicini avevamo paura di ipotetici orribili miasmi, che non sono mai arrivati) rallentavano la decomposizione.
Dopo un paio di mesi il livello del compostatore era salito, anche se la naturale diminuzione di volume aveva compensato di molto la crescita del materiale.
A fine marzo ci siamo detti che forse era il caso di aumentare l'umidità interna versando anche un po' di acqua della pasta. Da li in poi (complici le temperature in salita) la (come la chiamiamo?) "pedogenesi" ha accelerato rapidamente e se ne potevano "toccare con mano" gli effetti semplicemente mettendo il braccio dentro il compostatore: si sentiva chiaramente il flusso di calore proveniente dalla decomposizione.

I rametti di gelsomino hanno formato una rete che trattiene il terriccio

La scorsa settimana abbiamo deciso di verificare a che punto fosse il processo e finalmente siamo riusciti ad estrarre la prima vasca di terriccio.
Come potete notare dalla foto sopra, non tutto si decompone facilmente: foglie e fusti di gelsomino sono talmente resistenti da formare una sorta di filtro, che però aiuta a mantenere il terriccio in sede fino a maturazione. Una volta estratta parte del fondo del compostatore abbiamo passato al setaccio il tutto per ottenere un terriccio simile a quello che si può comprare. A ben vedere le differenze ci sono eccome: somiglia molto più alla terra di bosco, sia perchè è scuro, più grossolano e aerato, sia perchè non contiene percentuali di "zoccolo duro" (nome in gergo dei fanghi dei depuratori) riciclato.


Il terriccio dopo la setacciatura (grossolana)

Ecco dieci consigli basati sulla nostra esperienza domestica riassunti qui sotto:

1) Inserire gli scarti del pasto e gli sfalci di potatura possibilmente in proporzione di 1:3.

2) Mantenere l'umidità interna alta ma non eccessiva: il compostatore è strutturato in modo da trattenere l'umidità in alto e scambiarla in basso. Tipicamente, un buon tasso di umidità è testimoniato da uno strato superficiale secco di 1-2 cm sotto il quale è possibile scorgerne uno visibilmente inumidito.

3) Triturare gli sfalci senza esagerare: potature troppo ingrombranti aumentano il volume e la dispersione dell'umidità; triturazioni fini, al contrario, portano a una diminuzione drastica dell'areazione e alla "fuga" del terriccio dai lati.

4) Controllare periodicamente la base del compostatore. Se vivete in campagna e ci sono tracce di scavo è possibile che siano arrivati ospiti indesiderati (topolini). In questo caso è bene disporre una fila di foratini sotto la base, per isolarla.

5) Rimuovere il terriccio solo in parte (fino a metà del volume) e solo se effettivamente maturo. Una quota deve restare per consentire il trasferimento dei decompositori agli scarti appena arrivati.

6) Aggiungere, specialmente in estate, una certa quantità di acqua (va benissimo l'acqua della pasta), per compensare la perdita di umidità indotta dalle alte temperature e dall'elevata attività di demolizione.

7) Sotterrare i resti del pasto appena buttati e rimescolare. Specialmente per quanto riguarda la carne e il pesce, il sotterramento accelera la demolizione e impedisce la formazione di cattivi odori.

8) Gettate anche le ossa e i gusci d'uovo. La decomposizione di questi resti è molto lenta, ma consente il rilascio nel compost di calcio e soprattutto di fosforo, indispensabile per l'ottenimento di un concime di qualità.

9) Al momento della raccolta setacciate il grezzo prelevandolo dalla parte inferiore e rigettare la parte setacciata in quella superiore.

10) Somministrate il terriccio in piccole quantità (in fin dei conti, soprattutto se i resti del pasto erano consistenti, è un vero e proprio concime ricco di nutrienti) e specialmente ai vasi, mescolandolo possibilmente a terra più fine, per evitare che i Merli (o altri ospiti) lo scambino per terra smossa dai lombrichi e danneggino il vaso.
Quanto agli effetti sulla produzione di rifuti, i risultati si sono visti presto: una borsa dell'indifferenziato ogni due settimane (inodore e neanche troppo piena). Sarebbe carino calcolare con precisione quanta diossina in meno (e quanti PM10) si libererebbe se i rifiuti che non ho prodotto fossero inceneriti, ma non li ho pesati. Vi ricordo comunque questo post, che ci racconta che il potere calorico dei rifiuti aumenta drasticamente quando si toglie la frazione organica.


Il Callistemo e la Poligala sono stati tra i primi beneficiari del raccolto

A questo punto mi piacerebbe andare dal sindaco a chiedere uno sconto sulla tassa rifiuti (eh si, anche da noi la tariffa ancora non è arrivata), chissà che la cosa non possa essere portata davanti a un giudice di pace...