Foto di Schwarzerkater
Nessuno dica che i cartoni animati non sono istruttivi. Da piccolo ero affascinato dai paradossi termodinamici che caratterizzavano i robot della televisione; Daitarn III (uno dei miei preferiti) sfruttava meravigliosamente l'energia solare senza possedere alcun pannello fotovoltaico, nessuna superficie assorbente, nulla. Forse a lui si sono ispirati i tecnici delle ormai tante società che in giro per il mondo stanno costruendo innovativi pannelli fotovoltaici a concentrazione. O più prosaicamente, sono stati ispirati dalla continua ascesa del prezzo del silicio monocristallino, quasi monopolizzato dall'industria dei semiconduttori.
Oggi produrre un pannello tradizionale costa tantissimo perchè il processo di purificazione del silicio è oneroso e conteso dall'industria elettronica. In più i rendimenti continuano ad essere troppo bassi (al massimo il 20% per le tecnologie in produzione) e i nuovi materiali (leghe gallio-Arsenico o cadmio-tellurio) comportano costosi processi di produzione e seri problemi di impatto ambientale a fine ciclo. Come fare quindi per risolvere il problema?
Il principio che unisce i progetti a concentrazione, è che se l'elemento assorbente deve essere il più piccolo possibile è necessario convogliare su di esso la quantità di energia che cadrebbe su una grande superficie. Per fare questo serve uno specchio che concentri sull'elemento fotosensibile i raggi del sole. Con questo sistema concentro su pochi cm quadrati ciò che cadrebbe su un metro quadrato. Per farlo ci sono due ipotesi: la prima è che l'elemento di silicio sia collocato dietro una lente trasparente curva; la seconda è che l'elemento sia davanti alla lente, la quale agisce da specchio riflettente. Nel primo caso avremo un pannello di forma analoga a quello classico, nel secondo una parabola simile a quella satellitare.
Questi sistemi però hanno uno svantaggio: poichè le superfici curve concentrano il sole in un punto, e tale punto deve essere il sensore, è necessario che questo sia perfettamente in asse con il fuoco della lente. Ciò significa che il dispositivo deve il più possibile guardare il sole e quindi essere dotato di un sistema di "inseguimento" della radiazione incidente (anche perchè, se non lo fa, l'energia viene direzionata altrove con drastiche cadute della resa). Sono del primo tipo i pannelli prodotti da Armonix, Arontis (che produce dei pannelli ibridi fotovoltaico-termico di cui ho già parlato) e Soliant.
Ma un consorzio dal cuore italiano, che su un nucleo di ricercatori dell'università di Ferrara ha polarizzato gli investimenti di ENI e ST Microelectronics (tra gli altri) ha fatto di meglio (com'è che quando si parla di inventiva non ci batte nessuno?).
Hanno creato un prototipo di specchio parabolico capace di scindere le lunghezze d'onda della luce proiettandole, concentrate, su dei sensori specializzati nell'assorbimento di quelle specifiche lunghezze d'onda. Sembra l'uovo di colombo: rese del 40% su superfici molto più contenute.
Che sia davvero la "disruptive technology" che stavamo aspettando?
Per ora, non sono disponibili molte informazioni, ma come per il kitegen, attendiamo fiduciosi.
Per approfondimenti
L'energia solare e la tecnologia fotovoltaica - approfondimenti tecnici
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martedì, settembre 11, 2007
L'ascesa del solare a concentrazione
Pubblicato da Sergio Tarsiero alle 10:04 PM
Etichette: Energie alternative