lunedì, ottobre 29, 2007

Carta e penna: Ecco come si denuncia lo stato italiano.


Foto di Bethany L-King

Ricordate il post sulle procedure di infrazione in campo ambientale? Avevo promesso di scrivere le modalità con cui avviarle, e ogni promessa è debito. Potete segnarvi questo indirizzo:

Commissione delle Comunità europee
(alla cortese attenzione del Segretario generale)
Rue de la Loi, 200
B-1049 Bruxelles
BELGIO
Se scriverete al segretario generale (e non sono in pochi, pare, a farlo..), lo farete per denunciare una grave inadempienza dello stato italiano nei confronti della normativa europea, avviando così una procedura di infrazione.

Ma che cos'è precisamente una inadempienza?
Prima di tutto occorre capire come funziona la “catena gerarchica” delle normative comunitarie.
Gli stati europei hanno delegato all'unione la possibilità di legiferare in molti campi (non tutti, per esempio non in materia fiscale). Queste “leggi” europee sono sovraordinate rispetto a quelle nazionali (cioè “contano di più”), ma dovendo tenere conto della estrema diversità dei sistemi legislativi dei vari paesi non possono scendere nei dettagli attuativi, fermandosi a stabilire i principi, i provvedimenti e le modalità (a grandi linee) con le quali la direttiva dovrà essere attuata. E' lo stato che poi deve rendersi carico di calare queste volontà in una legge specifica e dettagliata. In paesi di fatto federali, come l'italia, lo stato spesso delega alle regioni la responsabilità di emanare una legge regionale che sancisca le ulteriori specificità. Potete ben immaginare quanto tempo passerà prima che la direttiva UE venga messa in pratica.

Riassumendo

Direttiva UE --> (tre anni) --> Legge dello stato --> (tempo a piacere) --> Leggi regionali --> (tempo a piacere) --> Attuazione pratica.

Se il meccanismo si inceppa o funziona male, siamo di fronte a una inadempienza.
Questa inadempienza può essere conseguenza di tre possibili cause:
1.Una direttiva europea NON è stata recepita entro il termine prefissato (tipicamente tre anni dall'entrata in vigore)
2.Una direttiva è stata recepita, ma in modo difforme o incompiuto rispetto a quanto previsto dall'unione europea.
3.Una direttiva è stata recepita correttamente dalla normativa nazionale, ma lo stato ha “dimenticato” in una o più occasioni, di “metterla in pratica”.
Ora concentriamoci su cosa VOI potete fare per far si che la normativa comunitaria venga rispettata davvero. Innanzitutto scaricate questo file e studiatevelo: è la domanda da inoltrare alla commissione, contenente tutti gli estremi dell'irregolarità che volete segnalare.
Senza scendere troppo nel dettaglio, possiamo soffermarci sui quattro campi più importanti:
1) Stato membro o organismo pubblico che, secondo il denunciante, non ha ottemperato al diritto comunitario:
Qui dovete inserire l'organismo pubblico responsabile della “non ottemperanza”. Perciò innanzitutto dovete chiedervi quale delle tre modalità che vi ho indicato sopra corrisponda al vostro caso. Se si tratta di un mancato recepimento è sicuramente colpa dello stato italiano, se il recepimento è difforme potrebbe essere lo stato o la regione di appartenenza a seconda del caso. Oppure, terzo caso, l'inadempienza potrebbe essere causata da un ente che ha la responsabilità attuativa delle normative emanate (per esempio una provincia o un ente parco).
2)Descrizione circostanziata dei fatti contestati
Questa è forse la parte più difficile. per convincere l'unione a procedere dovrete essere dettagliati ma contemporaneamente sintetici e convincenti, esponendo chiaramente i fatti. Dovrete pesare le parole in modo da evitare qualunque approssimazione o qualunque elemento che possa far pensare loro che leggendovi stiano perdendo tempo. Non includete in questa sezione il materiale a supporto della vostra denuncia (va inserito al punto 14).
3)Se possibile, menzionare le norme del diritto comunitario che, secondo il denunciante, lo Stato membro ha violato:
Anche se avrete sicuramente citato le normative già nel punto precedente, in questa sede è decisamente opportuno rintracciare i commi che riguardano specificamente l'inadempienza a cui vi riferite voi. Questo consentirà alla commissione di capire rapidamente quale attinenza hanno i fatti da voi segnalati rispetto alle previsioni normative dell'unione.
14) Indicare qui di seguito e allegare gli eventuali documenti giustificativi ed elementi probanti a sostegno della denuncia, comprese le disposizioni nazionali pertinenti:
Citate dati, possibilmente di fonte autorevole e se necessario includete (con moderazione..) materiale fotografico e pubblicazioni, compresi i testi delle normative nazionali o regionali che possono riguardare il vostro esposto.

Tutto sommato, denunciare lo stato italiano non è una procedura lunga e complicata. se la forza delle vostre argomentazioni e le prove a supporto di quanto dite sono sufficienti, è possibile che l'iter possa essere avviato, ma non aspettatevi tempi brevi per giungere alla condanna (ci vogliono 4 o 5 anni, sempre che nel frattempo lo stato non corra ai ripari).

Infine tenete presente anche che:

1)Non è detto che si arrivi a una condanna da parte della Corte di Giustizia europea (ma noi siamo bravi, e ci siamo riusciti 11 volte..). In moltissimi casi gli stati preferiscono “patteggiare” prima prendendo misure correttive.

2)Il fine ultimo per la comunità europea è la risoluzione del comportamento anomalo da parte dello stato indagato, non la sua vessazione amministrativa. Perciò uno stato inadempiente può cavarsela semplicemente con la cessazione dell'anomalia.

3)Se il denunciante lo richiede espressamente nella domanda (punto n°15), il suo nome non sarà divulgato ad alcun rappresentante dello stato denunciato (ottimo sistema per evitare ritorsioni..).

4)Il denunciante non deve provare di essere direttamente coinvolto nella questione (il cosiddetto “interesse legittimo”), in quanto può agire semplicemente in nome del bene comune.

5)La procedura di infrazione non rappresenta un metodo per “chiedere i danni” a uno stato, ma solo per cessare una situazione di anomalia giuridica o amministrativa (in pratica evitare che “pratiche sbagliate” ci possano danneggiare anche in futuro).

A questo punto non mi rimane che augurare buona fortuna a tutti i temerari, ricordandovi che la denuncia può essere presentata in qualunque sede di rappresentanza dell'unione, ivi compresa (ovviamente), quella italiana:
Commissione europea
Rappresentanza in Italia
Via IV Novembre, 149
I-00187 Roma
Tel: (39-06) 69 99 91
Fax: (39-06) 679 16 58, 679 36 52
E-mail:eu-it-info@cec.eu.int

domenica, ottobre 14, 2007

I problemi del sequestro profondo


Foto di Fazen

E' ormai da parecchio tempo che si parla di sequestrare l'anidride carbonica prodotta dalle centrali termoelettriche pompandola nel sottosuolo ad elevate profondità.
A dispetto dell'assoluta innaturalità del metodo, presto potrebbe essere necessario farlo.

Quell'autentica miniera di informazioni che è l'agenzia internazionale per l'energia, infatti, attraverso questo report ci informa che nel 2005, Gas Naturale (20,7%), Petrolio (35%) e Carbone (25,3%) hanno prodotto l'80% dell'energia mondiale. Poiché il nucleare non incontra il favore dell'opinione pubblica (diciamola così) e non è applicabile su larga scala ai paesi mondiali, e considerando che le rinnovabili sono ancora troppo poco efficienti, i combustibili fossili dovranno fornire ancora per parecchio tempo la grande maggioranza dell'energia utile. Certamente però, non possiamo continuare a peggiorare la concentrazione di anidride carbonica atmosferica a questo ritmo.

Perciò, anche se certamente non è l'unica, lo stoccaggio in profondità rappresenta comunque una delle soluzioni obbligate a patto che sia possibile pompare la CO2 prodotta nel posto stesso da cui abbiamo estratto il petrolio e il gas naturale che l'hanno generata. Questa soluzione limiterebbe due problemi, ovvero l'immissione di gas serra in atmosfera e la subsidenza (la tendenza del sottosuolo a “sgonfiarsi” e quindi a sprofondare) delle aree oggetto di perforazione.

Anche se ipotizzassimo una riduzione del l'1% annuo di contributo da parte delle fonti fossili (obiettivo a portata delle nazioni “occidentali” ma poco realistico a scala planetaria), ci vorrebbero almeno 80 anni per eliminarle. Inoltre, dall'industria petrolchimica derivano tanti di quei composti d'uso comune che sicuramente almeno il petrolio non può scomparire dal mix per qualche decennio. Perciò, sembra che il sequestro profondo sia inevitabile.

Infatti, i progetti di sequestro stanno andando avanti a tappe forzate. Il Dipartimento dell'Energia Americano ha sponsorizzato il Futuregen, un impianto sperimentale che brucerà carbone "pulito" pompando l'anidride carbonica nel sottosuolo e costerà, pare, ben 9 miliardi di dollari! Anche la BP (ex British Petroleum, che ora non a caso si chiama "Beyond Petroleum"), ha progettato alcune centrali che sfruttano questo principio ed ha fondato una compagnia (la "hydrogen energy") che si occuperà di costruire centrali a carbone pulito (qualcuno dirà: ma che c'entra il carbone con l'idrogeno? Per scoprirlo potete leggere cos'è il “carbone pulito”).

La domanda a questo punto è....

Ma siamo sicuri che lo stoccaggio di CO2 in profondità non abbia significative ricadute ambientali negative?
Qualche dubbio c'è.

Infatti, tanto per cominciare, non esiste più quasi alcun posto del mondo dove la produzione di energia avvenga nello stesso luogo nel quale la materia prima è stata estratta. Questo significa che è altamente improbabile che si possano riciclare i “buchi” fatti in precedenza.

Inoltre, sappiamo che le aree continentali nelle quali insistono i cosiddetti “campi di CO2” (ovvero sorgenti diffuse naturali di anidride carbonica generata da masse magmatiche a bassa profondità) danno luogo ad alcuni fenomeni preoccupanti. Infatti, il rilascio in falda di quantità significative di anidride carbonica, (specialmente in aree con importanti depositi tufacei) aumenta il prodotto di solubilità di alcuni sali, causando un aumento di concentrazione di alcuni elementi tra cui l'Arsenico (oltre alla tossicità ha anche un effetto cancerogeno se assunto cronicamente). Non a caso, la provincia di Viterbo e la zona del Lago di Bracciano (quasi interamente costituite da spesse coltri di tufo) sono caratterizzate da acque potabili che contengono una concentrazione di arsenico fino a cinque volte superiore rispetto al limite di legge (che è 10 ug/L) e si possono bere solo grazie a una deroga continuamente reiterata dalla regione lazio. La ciliegina sulla torta poi, si ha esaminando ciò che accade nei campi flegrei, dove la sola solfatara di Pozzuoli emette tra le 1200 e le 1500 tonnellate al giorno di CO2! Tutto ciò ci fa capire che se le rocce sovrastanti il serbatoio di sequestro sono molto porose e hanno caratteristiche geochimiche non adatte, si rischia di vanificare lo sforzo di sequestro dell'anidride carbonica, aumentando al contempo la concentrazione di elementi pericolosi nelle acque circostanti il punto di pompaggio. E sarebbe proprio un bel pasticcio...

venerdì, ottobre 05, 2007

La sopressione della prima e unica agenzia per i parchi


Beato federalismo. E' consolante sapere che ogni tanto le regioni hanno una grande intuizione (anzi, in questo caso, che avallano una grande intuizione avuta da qualcun altro, e precisamente il conosciutissimo e blasonatissimo Maurilio Cipparone). E' molto meno consolante scoprire che dopo tanti anni che questa buona idea è diventata realtà, i successori di coloro che ne hanno permesso la nascita hanno deciso di decretarne la morte.

Ma andiamo con ordine, e scendiamo nel dettaglio.
Correva l'anno 1993, quando su proposta di un giornalista, ex funzionario della regione Lazio, nonchè fondatore ed ex presidente di Greenpeace italia, la regione decise di istituire una Agenzia per i Parchi del Lazio (ARP). L'idea era rivoluzionaria, perchè per la prima volta si prendeva atto che era praticamente inutile creare decine e decine di enti gestori di aree protette per poi non popolarle di validi naturalisti, guardie, esperti di comunicazione. Ma assumere una massa notevole di persone per ogni area protetta sarebbe stato uno sforzo troppo grande..e probabilmente nemmeno necessario.

Così nacque l'ARP, costituita di personale di varia estrazione (geologi, naturalisti, esperti in comunicazione, guardie ambientali), che di volta in volta poteva svolgere servizi per i vari parchi del Lazio, ottimizzandone i tempi di lavoro e le attività promozionali e naturalistiche ma gestendone anche il controllo del territorio. L'ARP è l'unica agenzia regionale mai creata per questo scopo in italia, ed è stata spesso presa ad esempio come centro "di eccellenza" per le cosiddette "buone pratiche ambientali".

Oltre ai costi, un'impostazione del genere presenta un altro grosso vantaggio: la possibilità di concepire progetti di sistema tra le aree protette e di "orchestrare" tutte le attività di rete (per esempio calendari escursionistici e attività promozionali unificati per tutti i parchi). In più i dipendenti di ARP possono essere "intercambiabili" con i dipendenti degli enti parco, per cui, acquisita una determinata professionalità hanno poi la possibilità di "spostarsi" localmente per trasferire le loro conoscenze al servizio diretto di un ente.

Una grande idea.

Peccato però che la Regione Lazio, coinvolta nella bufera degli enti inutili, ha deciso di sopprimere l'agenzia "trasferendo" le competenze al rispettivo ufficio della Regione. In questo caso però, non riesco a pensare che non sia UNA SCUS., considerando che c'erano diversi altri motivi per prendere una decisione del genere.

Innanzitutto, dopo la fine della presidenza Cipparone (era il 2004), l'ARP è stata continuamente commissariata, e già da tempo avevo sentito dire che esisteva una certa volontà di sopprimerla.

In secondo luogo, un'agenzia INDIPENDENTE ha molti vantaggi:

  • non mette preferenzialmente le proprie forze a disposizione di uno o più parchi gestiti da personaggi associabili allo stesso colore politico della giunta regionale (qualunque esso sia, intesi!).
  • Decide in libera scelta quali settori di azione privilegiare (comunicazione, controlli, studi..) e stabilisce quale parco abbia bisogno maggiormente di quale servizio.
  • Stabilisce autonomamente il proprio grado di visibilità e come presentarsi al pubblico
E' logico quindi, che un assessore regionale all'ambiente non possa rivendicare i meriti di un organismo autonomo, nè possa condizionarlo territorialmente o tematicamente al di la di indicazioni di massima, ...e al di la della "leva" del bilancio.
In altre parole, tenere in vita l'ARP significa ammettere che si possono fare buone politiche senza bisogno dei politici. O almeno questa è la mia opinione.

Riportare quel lavoro dentro a un assessorato lo esporrebbe inevitabilmente alle burrasche delle scaramucce e degli umori politici, ovvero a far lavorare il personale peggio e meno. Oppure l'alternativa è quella di smembrarlo e assegnarlo a vari parchi, cosicchè si perderebbero i vantaggi di un lavoro multidiscipliare, organizzato e interconnesso. Comunque si giri la vicenda, un atto formalmente concepito "contro la partitocrazia e gli sprechi", è candidato a trasformarsi nell'esatto opposto. Con buona pace di chi legge le notizie in trafiletto sui giornali e senza sapere, approva.

Non ci resta che vedere se la Regione Lazio andrà fino in fondo al proposito o ci ripenserà (qualche segnale pare ci sia). Lo sapremo all'inizio del prossimo anno.