mercoledì, aprile 02, 2008

una gita a malagrotta..


Una delle prime "colline" della discarica di Malagrotta, foto scattata (da me) dal piazzale degli uffici

La mattina del 2 aprile sono andato in visita con altri colleghi alla discarica di Malagrotta, il "punto di riferimento" per lo smaltimento dei rifiuti della città di Roma. Definirla discarica è molto riduttivo, perchè con il passare degli anni alla classica "collina di monnezza" si sono aggiunte molte attività accessorie dedicate al recupero (per quanto possibile) di energia, e alla riduzione di materia da stoccare. Il decreto Ronchi (la bellezza di undici anni fa) prevedeva che non potessero più essere autorizzate discariche prive di sistemi di recupero energetico. Per effetto di questo, tutte (o quasi) le discariche si sono quindi dotate di sistemi di captazione e combustione del biogas (ovvero il gas di decomposizione dei residui organici). Ma a Malagrotta l'impresa di gestione ha deciso anche di selezionare una quota di CDR (separandolo dal FOS, la frazione organica, usata per ricoprire la discarica) da bruciare in un gassificatore (qui la spiegazione di come funziona). Dal gassificatore, parte dei gas viene convogliata dentro all'esistente bruciatore di biogas (producendo energia), mentre la frazione contenente metano viene destinata agli automezzi tramite un distributore stradale. Sulla carta il sistema sembra molto efficiente, ed anzi, encomiabile.

Almeno in linea teorica i gassificatori (almeno quelli di ciclo "thermoselect") hanno emissioni molto più contenute rispetto alle migliori tecniche disponibili (le famose BAT dell'IPPC) per gli inceneritori, e soprattutto (cosa da non sottovalutare), parte dell'energia può essere destinata a sostituire l'inquinante benzina dei serbatoi delle autovetture. Infine, poichè il gas metano (come quello liberato dalle discariche) ha un potere climalterante 10 volte superiore all'anidride carbonica, il metano sottratto alla discarica non si libera in atmosfera come CH4, ma dopo la combustione dentro gli autoveicoli, come CO2.
L'impianto di gassificazione si compone di quattro moduli (di cui uno prossimo al collaudo e gli altri tre in costruzione) e dovrebbe essere capace a regime di gassificare 700 ton al giorno di CDR.

Fin qui, siamo alle interessanti descrizioni tecniche. Però, nonostante questo, l'impianto è stato oggetto di numerosi attacchi da parte di giornali, associazioni ambientaliste, partiti politici. Girando per la rete ho trovato un documento molto critico e molto dettagliato sul gassificatore (lo potete scaricare qui), opera di Piergiorgio Rosso, ingegnere, esperto di rifiuti del WWF. Rosso accusa la società di aver utilizzato una tecnologia di gassificazione poco sicura, poco efficiente e sostanzialmente fallimentare dal punto di vista economico (e infatti, l'impianto di karlsrhue sul quale si basa tecnologicamente è stato chiuso poco dopo la sua entrata in funzione). Si tratta della stessa tecnologia (thermoselect) che fa da punto di riferimento per le emissioni nel confronto con i migliori inceneritori.

Mi arrendo, non ho il know-how per rendermi conto di chi dei due sia troppo ottimista o pessimista. Ho notato invece, con perplessità, che il gassificatore è stato collocato in una zona di malagrotta molto vicina ad altri due impianti a rischio di incidente rilevante: una raffineria (in linea d'aria saranno si e no 5-600 metri) e un inceneritore di scorie ospedaliere (a due km circa).

Per ora la chiudo qui, ma ci sono interessanti spunti di riflessione sui rapporti tra filiera del "tal quale" e filiera del riciclo. che approfondiremo un'altra volta...