lunedì, maggio 19, 2008

Dall'ENI una pessima notizia


Dal photobook di Fabio Pineiro

Sul sito di ENI, oggi è comparso un comunicato del "Cane a sei zampe" che annunciava l'avvenuto accordo tra l'impresa e il governo del Congo per l'esplorazione sperimentale e lo sfruttamento di un giacimento di sabbie bituminose che potrebbe comportare il recupero di almeno 2,5 miliardi di barili di petrolio, ottenibili da una superficie di "soli" 100 km2.
Che c'è di strano, direte voi? Purtroppo la notizia porta con se un gran brutto segnale, ovvero il fatto che le sabbie bituminose stiano diventando sempre più convenienti.

Ma andiamo con ordine, partendo dal capire di che stiamo parlando.

Le sabbie bituminose sono sabbie (formatesi in condizioni del tutto naturali) che contengono, mescolati al loro interno, idrocarburi molto pesanti e viscosi (niente più e niente meno del bitume usato per la produzione di asfalto). Fino a poco tempo fa, sapere della loro esistenza (sono famosi e avviati allo sfruttamento i giacimenti dell'Athabaska, in Canada) non ci cambiava la vita, perchè sembrava quasi folle l'idea di poterle utilizzare come riserva petrolifera. Immaginate cosa significa, nell'ordine:

1) Realizzare delle cave da cui spalare queste sabbie oleose (invece che estrarre gli idrocarburi con un semplice pozzo di perforazione),

2) separare il bitume dalla sabbia (un po' come se pretendessimo di ottenere miele puro dopo averlo mescolato con la farina..),

3) raffinarlo con un processo costoso, complicato ed energivoro per rompere i legami di questi olii complessi trasformandoli in idrocarburi più fluidi.
Se - e qui sta il preoccupante - una grande azienda energetica come ENI, ritiene questo un investimento remunerativo, significa che il petrolio a buon mercato è ormai terminato, al punto che perfino le sabbie bituminose, nonostante i loro costi economici (e trascurando, ovviamente, quelli ambientali) sono diventate competitive.
Direi che è ora di gettare la maschera, ed ammettere a chiare lettere che il costo del petrolio non diminuirà mai più, e anzi, il prezzo attuale è già, probabilmente, un lusso.

Ma ora parliamo un po' di costi ambientali. La raffinazione di queste sabbie richiede molta energia, e a differenza di ciò che avviene nelle raffinerie tradizionali, non si può utilizzare la materia prima (la sabbia) per sostenere la combustione della sabbia stessa; questo significa che occorre alimentare la raffineria con l'energia prodotta da una centrale a gas esistente (in questo caso, il campo di Mboundì). Come ha fatto notare qualcuno, usare l'energia (pulita, anche se fossile) del gas per raffinare le sabbie bituminose è come "usare il caviale per fare finta polpa di granchio" .
Inoltre, il processo industriale non tende a sviluppare sistemi costosi di finitura per le sabbie, che rimangono in parte bituminose (per continuare il paragone, chi va a grattare via la patina di miele da ogni granello di farina?), e sono quindi destinate alla discarica (a proposito.. cosa dirà al riguardo la normativa ambientale del Congo?).

Per finire, direte voi, perchè dare retta al solito ambientalista che parla male dell'ennesima "infrastruttura utile allo sviluppo del paese"? Mah, forse perchè per trovare un articolo molto scettico sulle sabbie bituminose basta andare sul sito dell'ENEL....

P.S. vi consiglio di tenere d'occhio due siti (che molti di voi conosceranno già): ASPO italia, e Petrolio.