mercoledì, luglio 11, 2007

Uranio e canguri



Foto di Wallig

L'entusiasmo nella vita fa sempre bene.

E' con questo spirito che il noto editorialista de "Il sole 24 ore" Fabrizio Galimberti ha descritto sul quotidiano, l'otto luglio, i piani di sfruttamento che la compagnia australiana BHP Billiton (la più grande compagnia mineraria del mondo) ha varato per aumentare la produzione della miniera "Olympic Dam", nell'australia meridionale.

Effettivamente, dal punto di vista (puramente) economico quel posto sembra una gallina dalle uova d'oro, visto che si estraggono oro, argento, rame e uranio. Galimberti stesso ci dice che
sotto le dune si celano cornucopie inimmaginabili...
In concomitanza con una salita del prezzo di questo (ahinoi) "prezioso" elemento (pagato da anni per contratto 16 dollari per libbra ma quotato ormai 138), si è fatta strada l'idea di incrementare drasticamente la produzione, in modo da arrivare in questo solo sito a un quarto dell'uranio estratto nel mondo. Sfortunatamente però, di fronte a tale abbondanza di questa preziosità è necessario adoperare sforzi particolari, giacchè (e cito nuovamente l'autore):
La nuova miniera sarà A CIELO APERTO, a differenza di quella attuale, che è sotterranea.
E ora scendiamo morbosamente nei dettagli..
Bisognerà togliere uno strato superficiale di terra di circa 350 metri di profondità, rimuovendo per quattro anni un milione di tonnellate al giorno di copertura su un'area di circa 15km quadrati.
A questo punto vi chiederete dove finisca tutta questa terra. La risposta è che
cambierà perfino l'orografia della zona, dato che una vera montagna sorgerà nei dintorni
Confido che siate rabbrividiti come me, considerando che questa operazione comporta una serie di impatti ambientali potenzialmente spaventosa.

Le domande più pesanti sono:
1) Come si fa a garantire che l'uranio esposto all'atmosfera (per 15km2) non si ossidi e di conseguenza non vada in giro per il polveroso deserto australiano causando una "sindrome dei balcani" agli antipodi?

2) Possibile che la copertura rimossa, pur essendo probabilmente litologicamente diversa, non abbia dentro neanche un po' di uranio pronto a ruscellare via dalla... "vera montagna"?

Ci fermiamo a due domande sole? No, la terza è la peggiore, ma necessita di ulteriori elementi di giudizio. Secondo quanto afferma Galimberti, in Australia sia i conservatori che (recentemente) i laburisti sono favorevoli a liberalizzare la produzione di uranio, ovvero a non mettere limiti né nel numero delle miniere né nella quantità di materiale estratto. Pertanto, la terza domanda è..

3) Quale individuo dotato di un minimo di lungimiranza può pensare di liberalizzare il mercato dell'uranio?

Infatti mi chiedo come sarà possibile di fronte a quantità rilevanti di materiale estratto controllare chi lo acquista e quanto ne acquista (ricordate questo caso accaduto in turchia, e il materiale trafugato in Georgia nel 2002?). Un fisico potrebbe rispondermi che l'uranio di per se è poco radioattivo (Peter Zimmermann del king's college di Londra ne usa un pezzo come fermaporte del suo ufficio) rispetto a Cesio o Cobalto e quindi inadatto a sviluppare bombe sporche, ma sappiamo bene che diventa devastante quando brucia e si sparge come ossido.

La BHP, come ogni multinazionale che si rispetti, sa bene che il problemi ambientali (e la qualità della comunicazione ambientale) possono influenzare il decisore pubblico, e ha deciso di trattare l'argomento con trasparenza (e per questo si merita tutta la mia ammirazione...). Innanzitutto si è certificata ISO 14001 (il che significa che le sue "prestazioni ambientali" rispettano le normative e sono oggetto di miglioramento continuo), in secondo luogo ha costruito un intero sito web dedicato alla valutazione d'impatto ambientale dell'opera. Per il momento c'è scritto poco, ma consultandolo potrete scoprire che è in corso di progettazione un desalinizzatore che avrà lo scopo di estrarre 120.000 metri cubi d'acqua dolce al giorno dal mare (al prezzo di 1,25 MWh di elettricità), indispensabili alle attività di miniera e alla popolazione che il villaggio di Roxby dovrà ospitare a regime (30.000 abitanti). In questo pdf trovate una traccia di come stanno sviluppando lo studio di impatto ambientale.

Non biasimo la BHP, che ormai memore delle passate roventi polemiche e accuse di essere foriera di disatri ambientali ( uno per tutti è la miniera di Ok tedi, in Papua Nuova Guinea) sembra aver maturato un intelligente modo di affrontare il conflitto ambientale con cittadini e associazioni ambientaliste. Non ho parole invece per il comportamento del governo australiano, intenzionato ad avallare un'opera mastodontica e pericolosa, in nome di una "esplosione" del mercato dell'uranio (e dei profitti conseguenti) che spero vivamente non avvenga..