domenica, dicembre 14, 2008

Perdere facendo finta di vincere (Sarkozy contro Berlusconi)


Nikolas Sarkozy, in una foto di philippe warrin

Chi ha avuto occasione di vedere la faccia di Berlusconi, ripreso dalle televisioni due giorni fa, probabilmente si è accorto di quanto fosse tirata la sua espressione. Ha chiarito di non aver posto il veto sul documento del consiglio d'europa perchè altrimenti "la sinistra troverebbe così spunto di lotta politica tramite gli ambientalisti contro il governo". Aggiungendo, tra l'altro, che l'occuparsi del riscaldamento globale in questo momento è paragonabile a "un malato di polmonite che pensa alla messa in piega".

Come a dire: il riscaldamento globale è un problema di poco conto (e casomai, aggiungo io, inesistente), e io prendo decisioni fondamentali per la collettività nell'arco dei prossimi vent'anni semplicemente per evitare che gli ambientalisti mi gridino contro per qualche giorno...

Vabbè, passiamo a una disamina della situazione, per stabilire quanto abbia inciso davvero la minaccia del suo Diktat.

1)NON sono stati toccati gli obiettivi di riduzione: si tratta sempre di un 20-20-20 da raggiungere entro il 2020. E tutto ciò, che sarà codificato in almeno tre direttive europee, dovrà essere rispettato in modo giuridicamente vincolante e sanzionabile (non si tratta, per intendersi, delle classiche dichiarazioni d'intenti delle convenzioni internazionali).

2)E' stata introdotta una revisione degli obiettivi nel 2010 tenendo conto degli esiti della conferenza ONU di Copenaghen. Questo rappresenta il classico boomerang, perchè con tutta probabilità, dopo due anni di Obama alla casa bianca e con la Cina in procinto di raggiungere la leadership nell'industria delle rinnovabili, è altamente probabile che gli obiettivi vengano almeno confermati a scala planetaria. La revisione sarà operata con la procedura di codecisione,e quindi a maggioranza qualificata (niente veti). L'italia da sola non potrà contare più nulla.

3)Poichè gli obiettivi devono comunque essere raggiunti, esentare i settori industriali "a rischio delocalizzazione", significa distribuire il carico delle loro mancate riduzioni su altre categorie economiche e sociali (ma questo almeno la Marcegaglia lo ha capito??). Ciò significa che per proteggere le industrie del vetro e della carta dovranno essere ridotte le emissioni di altri settori ben oltre il 20% (per esempio sovradimensionando gli obiettivi per altre industrie o per i trasporti, e magari introducendo anche delle eco-tax..).

4)Il documento del consiglio d'europa deve essere approvato dall'Europarlamento, che ha la possibilità di emendare il testo e non ha certo bisogno dell'unanimità. Il Parlamento è considerato avere, secondo gli osservatori, una più forte sensibilità ambientale rispetto al Consiglio. Questo significa che in parlamento gli equilibri concordati con Berlusconi potrebbero saltare per aria o essere sensibilmente ridimensionati.
Coerente, da parte sua, dire "una grande vittoria dell'Italia, abbiamo ottenuto tutto". Quando qualcuno gli spiegherà che si è rovinato con le sue mani con chi se la prenderà, con il suo diplomatico ministro Andrea Ronchi, il "consigliere" ministeriale Corrado Clini o il suggeritore (interessato) Emma Marcegaglia?

Coupe de Chapeau a Sarko', che lo ha giocato..

lunedì, novembre 24, 2008

riciclo totale!


Ormai da qualche tempo ho affinato i meccanismi di recupero degli scarti domestici. sono soddisfatto dei risultati raggiunti e mi chiedo dove potrei arrivare se solo avessi un giardino un po' più grande.
Innanzitutto, ho migliorato il "protocollo" del compost, per quel che riguarda il materiale organico a lungo periodo di decomposizione, ovvero i gusci di noci e nocciole e le ossa animali. Si tratta, in entrambi i casi, di materiale che ha dei vantaggi nell'essere riutilizzato, bisogna semplicemente capire come.

Noci e nocciole
Facendo un giro per la rete, scoprirete che i gusci di noci e nocciole quando bruciati hanno un potere calorico elevato, che si tratta del biocombustibile col più favorevole rapporto tra costo e resa energetica. Si tratta quindi semplicemente di raccoglierlo a parte e tenerlo vicino al camino, in attesa di poterlo bruciare.

Ossa
Per quanto riguarda le ossa animali, il discorso è leggermente più complesso, e il recupero ha senso solo disponendo di un compostatore domestico, e anche in questo caso, di un camino o una stufa. Per promuovere la crescita dei vegetali, il terriccio prodotto dal compostatore deve contenere adeguate quantità di carbonio, azoto e fosforo, tutti combinati in modo da essere disponibili per le radici dei vegetali. Come potete intuire, disponendo di acqua, luce e temperatura, gli unici fattori limitanti alla crescita dei vegetali sono i nutrienti, dei quali il fosforo è il meno presente sul suolo (per divertirvi a giocare coi rapporti stechiometrici dell'humus, potete leggere questo articolo istruttivo). Guarda caso, le ossa dei vertebrati terrestri sono costituite in misura preponderante da fosfato di calcio, quindi sono importantissime per la concimazione del terreno: perderle è un peccato. Si può quindi procedere così: Le ossa devono essere gettate e rimescolate dentro al compostatore con i resti del pasto e lasciate li per tutto il tempo di maturazione del terriccio (sei mesi circa). Quando andrete a svuotarlo (tipicamente in aprile e novembre), in mezzo alla setacciatura rimarranno ossa del tutto ripulite, nelle quali il tessuto connettivo e la carne si sono completamente decomposti da tempo, mentre il tessuto osseo è ancora intatto.
A questo punto raccoglietele in una cassetta e bruciatele nel camino, in modo da poter gettare nuovamente la cenere nel compostatore.

Sfalci del (falso) gelsomino
Con il suo profumo caratteristico e il rapido accrescimento, il falso gelsomino è una croce e delizia per chiunque lo possieda. Oramai mi sono abituato a potarlo dalle tre alle quattro volte l'anno, ma l'idea di fare il "saccone del verde" da portare all'isola ecologica proprio non mi andava giù. con un po' di pazienza ho deciso di effettuare alcune potature di getti lunghi (da 30 a 70 cm) lasciandoli seccare con le foglie attaccate, mentre altre volte ho proceduto a tagliare e sminuzzare il tutto con l'aspiratore di foglie. Nel primo caso mi sono tornati comodi per accendere il camino d'inverno (si comportano come e meglio dei pezzi di carta normalmente usati per l'accensione). Nel secondo caso vanno invece a "rinforzare la riserva di carbonio e l'aerazione del compostatore.

Pomodori verdi
Quelli (che poi sono visibili nella foto in testa al post) si raccolgono verso ottobre e novembre (quando ormai è chiaro che marciranno senza maturare) e si fanno sottolio con tonno e capperi o impanati e fritti...

martedì, ottobre 28, 2008

La crisi idrica del Lago di Bracciano


La presa d'acqua dell'antico Acquedotto Paolo. La parte sinistra della foto normalmente dovrebbe stare tutta sott'acqua...

Chiunque in questi ultimi tempi si sia recato sul Lago di Bracciano avrà notato che il livello dell'acqua è sceso notevolmente rispetto a quanto si è visto normalmente in questi ultimi anni. A ben vedere, la crisi idrica è cominciata durante l'estate dell'anno scorso, quando il livello si era già abbassato sensibilmente, scoprendo un'ampia porzione di battigia. Nel corso del 2008 le piogge (non abbondanti, ma neanche modeste) della prima parte dell'anno non sono riuscite a ricaricarlo a sufficienza, e all'inizio dell'estate il livello del lago (che non era salito abbastanza) ha cominciato inesorabilmente e rapidamente a calare. Siamo a metà ottobre e già da due settimane il corpo idrico sta sotto lo “zero igrometrico” convenzionale (161,74m s.l.m).

Le conseguenze di un abbassamento ulteriore sarebbero pesanti, perchè l'acqua del lago è da tempo utilizzata per l'aprovvigionamento idrico della capitale. L'ACEA (il gestore del servizio idrico della zona) può prelevare dal lago fino a 800 litri di acqua al secondo, che mescola con l'acqua proveniente dall'acquedotto del Peschiera (che proviene dal cuore dell'appennino) e distribuisce in tutta la zona nord della città.

Esattamente a un metro sotto lo zero igrometrico ci sono le prese di captazione dell'acqua del lago. Se il livello dovesse scendere ulteriormente, il suo contributo alla fornitura d'acqua della città verrebbe a mancare totalmente.

Verrebbe da chiedersi: cos'è cambiato rispetto agli anni passati?

Ci sono stati due fenomeni importanti (sui quali ovviamente sarebbe bene riflettere). Il primo di questi è la tendenza molto pronunciata evidenziata negli ultimi due anni alla “stagionalizzazione delle pioggie”, dove una stagione umida (dic-mag) viene seguita da una arida (giu-nov). Quando le piogge si concentrano molto nel tempo la capacità assorbente del suolo diminuisce perchè proprio come una spugna imbevuta d'acqua, il terreno non può trattenere tutto ciò che supera le sue capacità di saturazione. Il secondo fenomeno è stato l'innalzamento delle temperature invernali, che ha ridotto drasticamente la consistenza dei nevai dell'appennino, eliminandone le riserve d'acqua a lungo termine. Queste osservazioni empiriche sono suffragate dai fatti: La stazione metereologica dell'aeronautica militare di Vigna di valle (sulle rive del lago) ha rilevato un decremento delle pioggie tra il periodo 70-90 e le rilevazioni degli anni '90 del 13% (da 963 a 842mm annui). Nel contempo la temperatura media annuale dal '70 al 2003 si è alzata addirittura di UN GRADO E MEZZO (alla faccia dei negazionisti).

Il meccanismo è quindi spiegabile in questi termini: negli anni passati i nevai dell'appennino trattenevano l'acqua per lunghi periodi, consentendo all'acquedotto del Peschiera di avere una portata più alta e costante, e il prelievo “compensativo” dal lago di bracciano diventava modesto e concentrato principalmente nel periodo della tarda estate. Ora l'acqua del Peschiera è abbondante nella stagione umida ma troppo poca in quella arida; questo costringe l'ACEA a pensanti prelievi compensativi di acque dal lago di bracciano.

La domanda a questo punto è: è tutta colpa del cambiamento climatico e del prelievo idrico potabile? No, decisamente no. Uno studio enea dal quale ho prelevato molti dei dati citati qui ci informa del fatto che i prelievi idrici a uso irriguo rappresentano un emungimento che è più del doppio rispetto all'acqua d'uso idropotabile. Da alcuni semplici calcoli che ho fatto basterebbe riconvertire a pascolo la metà dei suoli agricoli per ottenere un risparmio d'acqua pari all'intero prelievo medio annuale di ACEA.

E comunque, gli effetti si vedono (se n'è accorto anche "il Giornale"). Quel po' di vegetazione riparia preservato dalla “sindrome del pratino che si tuffa nel blu” (così in voga tra i possessori di case e terreni sulle rive del lago) è completamente scoperto, mentre la fascia superiore delle praterie sommerse di macrofite (il potameto tipico del lago) ormai boccheggia sulla riva. L'ACEA dapprima ha cominciato a ridurre il prelievo di acque, poi, sotto la pressione dei sindaci del lago, ha fermato le pompe dell'impianto di Castel Vici. Le piogge di questi giorni sembrano una benedizione, ma il livello è sceso così tanto che probabilmente non basterebbe una stagione fredda molto lunga e piovosa per riportare il lago a livelli accettabili.

martedì, ottobre 21, 2008

Una figura da cialtroni


foto di Mandarx

Non può definirsi diversamente quella che sta facendo il governo della repubblica nella contrattazione del pacchetto UE contro i cambiamenti climatici in atto in questi giorni. Ma nonostante le posizioni anacronistiche portate avanti dalla Prestigiacomo (che poi è solo il megafono di Berlusconi, che in questo caso è a sua volta il megafono di Confindustria), ritengo che ci siano ottime ragioni per ritenere che l'accordo si farà, e sarà praticamente identico a quello finora previsto dalla commissione.


Ci sono diversi motivi per sostenerlo, a partire dal fatto che il blocco dei paesi "contrari" che secondo Berlusconi affiancano l'italia (che poi tali non sono veramente) è costituito dalle ex economie sovietiche dell'europa dell'est, e basta. Non c'è un singolo paese dell'europa industriale "evoluta" che si sogni di fare ostruzione. Per quei paesi, che hanno quasi esclusivamente centrali a carbone, sarà prevista una ulteriore flessibilità nei tempi intermedi, ma solo per loro.


Un altro dato di fatto è che la decisione all'unanimità era auspicata, ma non necessaria, in quanto è sufficiente la maggioranza qualificata. Questo significa che l'inasprirsi della posizione italiana significherebbe unicamente il non accoglimento di eventuali richieste di flessibilità ritenute accettabili.

Il vero problema preoccupante però non è l'evidente e recidiva incompetenza del governo su queste tematiche, quanto il fatto che le posizioni di confindustria costituiscono un atteggiamento che da prova di una miopia sconcertante. Se fosse solo una sottovalutazione dei danni indotti dai cambiamenti climatici sarebbero perdonabili, ma il problema è che:

  1. Non riescono a rendersi conto che questa partita è una grande occasione industriale per l'italia.

  2. Preferiscono l'idea di investire con i meccanismi flessibili in paesi del terzo mondo per risparmiare non rendendosi conto che così esportano tecnologie di processo all'avanguardia in altri paesi lasciando infrastrutture vetuste nel nostro.

  3. Danno per scontato che il piano costerà almeno 18 mld l'anno, quando, se fossimo bravi, ne costerebbe 9.

Quest'ultimo punto è talmente sconfortante che va chiarito meglio. Lo ha fatto per noi Il Messaggero di stamani (non ho fonti dirette perchè il documento UE cui fanno riferimento i partner è un preliminare non pubblicato) di cui riporto il punto cruciale:

Il fatto è che lo scenario adottato dall’Italia è quello più pessimistico: se non si acquista a sufficienza energia verde, se non si centrano gli obiettivi di Kyoto, se rimane una forte dipendenza dagli idrocarburi e una scarsa quantità di energia rinnovabile, allora lo scenario è più costoso, i famosi 18,2 miliardi l’anno. Se invece, sono ridotte le emissioni, aumenta l’efficienza energetica, il 20 per cento dell’energia viene da fonti rinnovabili e non si ha bisogno di comprare energia verde dall’estero, allora il costo si riduce a 9 miliardi.

Perciò il problema sta tutto li, confindustria e il governo non si fidano ne di se stessi ne l'un dell'altro, per cui danno per scontato che l'uno non saprà fare le politiche giuste per ridurre le emissioni e l'altro non saprà mettere in campo il capitale umano e finanziario per produrre brevetti, impianti, innovazione.

Non mi sorprende. Nel 2002, quando ancora lavoravo al Ministero dell'Ambiente, partecipai a una riunione della (allora) direzione “sviluppo sostenibile” in cui il rappresentante di confindustria chiese bonariamente al direttore di rivedere gli impegni in assunzione per il protocollo di kyoto, considerati troppo penalizzanti (-6,5% di emissioni rispetto al 1990). Quando si sentì rispondere che ormai non era possibile sbiancò davanti agli occhi di tutti i presenti. Evidentemente dovevano sembrare troppo onerosi quelli, figuriamoci questi.

Per fortuna, la presidenza di turno di Sarkozy (conservatore) e il ministro dell'ambiente greco Dimas (conservatore) hanno chiarito che la direzione è quella, e l'italia può solo adeguarsi.

Nel frattempo però, un altro statista fondamentale come Altero Matteoli (è stato ministro dell'ambiente per sette anni. risultato:emissioni aumentate dell'11% rispetto al '90) ha sentenziato che il protocollo di kyoto va rivisto, perchè è troppo oneroso. Sono certo che troverà una sponda prestigiosa in sede internazionale, magari alleandosi con il Burkina Faso e il Kirghizistan. Peccato che nessuno gli abbia spiegato che se anche la convezione di kyoto diventasse carta straccia, ci sarebbero sempre le direttive europee...

venerdì, settembre 12, 2008

Viaggio in Corsica - La natura


La spiaggia degli ostriconi, tra il deserto degli agriati e isula rossa

Avete mai visto le previsioni meteo della Francia? Per poter mostrare la Corsica senza rimpicciolire troppo il continente sono costretti ad avvicinarla in modo innaturale alle coste della provenza, come se un cataclisma tettonico l'avesse riportata li, da dove si era staccata trenta milioni di anni fa.

Al contrario, guardando i Giuliacci di casa nostra, la vediamo nella sua posizione reale, ma è completamente ignorata, come se fosse disabitata e quindi senza importanza. La Corsica invece è quasi a contatto con la Sardegna a sud ed è separata da due-quattro ore di nave (a seconda della tratta) dall'italia continentale: E' qui davanti, ma nessuno la vede.

Di fatto, il mare dell'isola è molto bello, ma non dissimile dalla Sardegna. La vera differenza la fanno le montagne, e il fascino della sua incredibile storia. In tutta la Corsica ci sono una decina di montagne che superano i 2000 metri (molto di più di quanto non sia il Gennargentu in Sardegna); tre di queste superano i 2500 e il monte Cinto, la vetta più alta, arriva a 2706. Praticamente, il paesaggio montano e altomontano si prendono i due terzi del territorio. A loro volta, le vette corse hanno l'aspetto aspro e inaccessibile delle alpi, invece che quello stondato e scialbo degli appennini (a parte qualche eccezione come le Apuane, la Val d'Aveto e la Camosciara). Tutto questo è dovuto al fatto che le montagne corse che osserviamo in realtà non sono giovani (e quindi coperte da una coltre di rocce sedimentarie friabili), ma sono la base (quel che rimane) di montagne molto più imponenti erose nel corso di parecchi milioni di anni.

E quindi, saltata la fragile copertura sedimentaria affiorano rocce metamorfiche o intrusive durissime, difficili da fratturare e dilavare, che formano pinnacoli, guglie, figure di erosione di straordinaria bellezza.

Sotto al piano eminentemente altomontano (>2000m), dove si procede solo con i sentieri segnati, ci sono le foreste. E che foreste. Il Pino Corso la fa da padrone, con alberi alti, stretti, fitti e tronchi di notevoli dimensioni. La strada N193 (la dorsale centrale dell'isola) passa proprio in mezzo alla Foresta di Vizzavona, forse la più conosciuta e una delle più belle.

Per chi vuole godersi la montagna non resta che trovare una casa a Corte, nel centro politico e geografico dell'isola e andare in escursione lungo le gole della Restonica, al passo di Verghju, o al monte Cinto, passando dalle gole dell'Asco. In tutti e tre i casi ci si trova a procedere con la macchina lungo stradine strette dove le rocce incombono da un lato e lo strapiombo (quasi invariabilmente senza parapetto) dall'altro. Sono gole molto profonde, sul fondo delle quali scorrono fiumi che mulinando hanno scavato nel tempo piscine naturali di rara bellezza (l'acqua però è fredda!!).

Per chi ha una giornata (intera, e partendo molto presto) da dedicare al paesaggio Corso, consiglio in particolare il tour Corte-Ajaccio passando dal Passo di verghju. Salendo si transita attraverso una gola a strapiombo immersa in un paesaggio semidesertico, per poi passare a una foresta di conifere (con faggi e betulle!!) in altitudine. Superato il passo c'è la foresta di Aitone (con le cascate), e le gole della spelonca (splendide) contornate da montagne rosse mattone. Arrivati sul mare dal lato ovest (Porto), scendendo verso Ajaccio si incontrano le Calanche di Piana (patrimonio dell'umanità UNESCO) lungo le quali una strada strettissima si inerpica, mostrando un panorama di pinnacoli color ocra che svettano in mezzo al bosco con lo sfondo del mare.

Visti questi paesaggi, il mare sembava un'attrazione di poco conto, anche se va detto che ci sono spiagge in zone selvagge quasi inaccessibili (comela Saleccia, nel deserto degli agriati), alcune delle quali molto belle (la spiaggia degli ostriconi, sulla costa di ogliastro, ha un'area umida retrodunale e nessuna traccia di attività umane nel giro di due km di distanza).

Anche la fauna corsa ha le sue peculiarità. C'è da parlare in particolare della Testuggine di Hermann (testudo hermanni var. corsica), una tartaruga terrestre che vive nella macchia, e dei maiali “selvatici” (razze domestiche incrociatesi con i cinghiali locali) frequenti ai bordi delle strade, per tacere della quantità notevole di rapaci che volteggiano dentro e fuori dalle gole dell'interno.

Ho pubblicato sullo spazio web di Picasa alcune foto della vacanza (Corsica1 e Corsica2), con tanto di geotagging per mostrare il punto in cui sono state scattate (le località di cui vi ho parlato sono presenti); è vero purtroppo che non rendono abbastanza, sia perchè in molti dei punti più suggestivi non c'è lo spazio fisico per fermare l'auto, sia perchè l'esatta percezione di certi paesaggi la si coglie solo vivendoci immersi dentro.

mercoledì, agosto 27, 2008

Veni, vidi e.. massacrai


Dal photostream di sdp

Il mio sogno era quello di fare il paleontologo; mi accontento di essere riuscito a fare il naturalista. Il rammarico è che se nel resto della vita il mio intuito a volte funziona e a volte no, in quel campo ci ho sempre preso. Una delle "panzane" che mi sono sentito raccontare e ho letto all'università, riguardava le massicce estinzioni di grandi erbivori e carnivori avvenute in tutti i continenti (tranne l'Africa) nel corso degli ultimi 40000 anni. In passato, la maggior parte dei paleontologi aveva pensato che fosse tutta colpa di quei "mutamenti climatici", ai quali questi poveri animali, coevolutisi lottando dalla mattina alla sera contro le pressioni selettive indotte dall'ambiente, all'improvviso non avevano saputo più come fare fronte. Come a dire "toh, arriva la quarta glaciazione di fila, mi sono stancato di adattarmi, quasi quasi mi estinguo..". E la cosa più strana è che queste estinzioni sono state rapide (nel giro di qualche millennio, ma a volte di pochi secoli) e hanno coinvolto tutti i grandi erbivori e i grandi carnivori.

Il teorema era veramente strambo, ma andava per la maggiore. Le glaciazioni mietevano vittime anche ai tropici, e selezionando sempre e solo animali grandi che tutti insieme scoprivano improvvisamente di essere inadatti. Senza distinzioni. Senza che una specie potesse approfittare del momento di difficoltà delle sue competitrici, sostituendola. E quando l'ipotesi climatica ha cominciato a vacillare seriamente c'è stato pure qualcuno che per spiegare l'estinzione dei Mammuth ha chiamato in causa l'esplosione di una supernova!
In ultimo, quella che per me era la logica spiegazione, si sta facendo finalmente strada dopo il crescendo di scoperte degli ultimi anni.
Nella sola america del nord sono scomparsi ben 35 generi (quindi ancora più specie) di grandi mammiferi. Una cifra enorme, se solo contate quanti mammiferi vivono attualmente nelle savane africane. Tra questi:

la tigre dai denti a sciabola,
il leone americano,
due generi (paramylodon e megatherium) di bradipo gigante,
due specie di mammuth e un mastodonte,
il cammello americano,
l'orso gigante.
Un elenco molto parziale (per il solo nordamerica) lo potete trovare qui.
Si diceva che non potessero essere state le popolazioni di nativi americani (la cosiddetta cultura "clovis" diffusasi in america tra il 13000 e il 9000 a.c.), perchè solo una piccola parte di questi animali si era estinta dopo il loro arrivo. Nel 2004 però, si è scoperto che esistono tracce di insediamenti umani che datano addirittura a 50000 anni fa (e da poco dopo iniziano le prime estinzioni).

Ma forse la peggiore conferma viene da questo articolo (risalente a pochi giorni fa), che ci porta dall'altro capo del mondo, in Tasmania. Si pensava che l'estinzione della megafauna fosse anteriore alla comparsa dell'uomo sull'isola, 43.000 anni fa. Nuovi resti fossili, una volta datati, hanno dimostrato che invece ci fu un breve (breve!) periodo di sovrapposizione, che probabilmente fu segnato da una mattanza atroce. Si estinsero: il tapiro marsupiale, il rinoceronte marsupiale, il leone marsupiale, tre specie di canguri appartenenti a tre generi diversi, una delle quali (il canguro dal muso corto) pesante 150kg. A queste creature si è aggiunto, a inizio '900, il tilacino.

Con le americhe e l'australia si completa un quadro che copriva già l'eurasia e la nuova zelanda. Tutto ciò ci dimostra che imparare a usare le risorse naturali in modo rinnovabile, per l'uomo, è cosa estremamente difficile...

sabato, luglio 26, 2008

gioie e dolori del federalismo luminoso

Il lampione di un vialetto vicino a casa (fuori norma)
La parola "federalismo" evoca da un po' di tempo una sorta di viatico verso il futuro, una panacea che cura qualunque male con la stessa ricetta. Di fatto, è dalla famosa legge Bassanini che le regioni hanno preso, di volta in volta, nuovi poteri. Uno di questi, sta nella possibilità di legiferare in tema di inquinamento luminoso, ovvero in merito alle politiche di riduzione dell'illuminazione (notturna) non necessaria, sia a fini prettamente energetici che ambientali e ricreativi. La Regione Lazio, nell'ormai lontano 2000 (modificando una L.R. vecchia di solo un anno...), decise di non perdere tempo, emanando la L.R. 23/2000, avente per oggetto "Norme per la riduzione e per la prevenzione dell'inquinamento luminoso".
Si trattava di una legge che stabiliva una serie di criteri molto severi per l'illuminazione pubblica e privata, fissati transitoriamente e poi recepiti dal regolamento attuativo uscito nel 2005.

Perchè ne scrivo? Perchè basta dare una occhiata ai criteri previsti, e ci si accorge che la quasi totalità dei sistemi di illuminazione costruiti nel Lazio prima del 2005 è fuori legge, e la normativa viene infranta quotidianamente tuttora.
Nessun dispositivo di illuminazione (fatta eccezione per i fari diretti a edifici di pregio storico) può emettere più di 0 lumen a 95°. Tradotto in linguaggio semplice, già pochi centimetri sopra un lampione o una luce da esterni ci deve essere il buio assoluto. Se abitate nel Lazio (a meno che siano collocate sotto un porticato), le vostre lampade da esterni devono essere orientate verso il basso (quindi non potete installare bocce, e dovreste evitare di comprare anche quelle fatte a "lampioncino", nel caso in cui abbiano parti trasparenti verso l'alto).
L'aspetto tragicomico sta nelle sanzioni (LR 23/2000, art. 10) che l'ente controllore (il Comune) deve applicare al cittadino inadempiente:
"il comune, previa diffida a provvedere entro trenta giorni, applica la sanzione amministrativa da lire 500 mila a lire 2 milioni".
Ma perchè il Comune dovrebbe accanirsi tanto contro il cittadino (che ha votato il sindaco in carica)? Ce lo dice il comma 3 dello stesso articolo:
I proventi delle sanzioni di cui al presente articolo, introitati dai comuni [...] sono prioritariamente impiegati dai comuni stessi per l’adeguamento degli impianti pubblici di illuminazione esterna alle norme tecniche del regolamento[...].
Tradotto: se i Comuni non hanno i soldi per mettersi a norma, mandino i vigili a fare le multe ai cittadini inadempienti.

Va da se che uno potrebbe chiedersi: "Ma se certi lampioni sono fuori legge, perchè li vendono?". La risposta sta nel fatto che la legge è regionale, mentre la normativa sulla circolazione e la conformità delle merci è europea. Non si può bloccare il traffico di un prodotto arbitrariamente per il solo Lazio (e del resto sarebbe impossibile farlo, la dogana non esiste più da 140 anni....) tenendo conto del fatto che potrei sempre comprare un bel lampioncino a boccia qui per regalarlo ai miei genitori che vivono in Liguria, dove magari la legge regionale è meno restrittiva o nemmeno esiste.

In ogni caso, un ottimo argomento che sarebbe stato utile ed efficace normare con una legge nazionale, invece di fare 21 leggi diverse, che peraltro non possono influire sulla circolazione di oggetti (che magari sono a norma qui e non lo sono a 100 km di distanza).

Qualcuno direbbe: E' il federalismo, bellezza...

domenica, giugno 15, 2008

I dati ambientali sono VOSTRI!


Foto di Mindgutter (su Flickr)

Il 1° Ottobre del 1957, l'allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi firmava lo "statuto degli impiegati civili dello stato", il cui art. 15 stabiliva:

"L'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio e non può dare a chi non ne abbia diritto, anche se non si tratta di atti segreti, informazioni o comunicazioni relative a provvedimenti od operazioni amministrative di qualsiasi natura (...). L'impiegato (...) rilascia a chi ne abbia interesse, copie di estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dalle leggi, dai regolamenti o dal capo del servizio".
Come potete immaginare, praticamente tutti gli atti della pubblica amministrazione sono rimasti segreti fino al 1990, anno in cui la L. 241, stabiliva (art. 25) che
"Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi (...). La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata (...). Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall'art.24 e devono essere motivati".
Finalmente, per ogni atto, si passava da uno stato di default "segreto" a uno stato di default "pubblico", se non fosse che, a quanto pare, la scappatoia c'era lo stesso, visto che l'art.24 prevede un'ampia casistica di esclusioni, e soprattutto, chi fa la richiesta, deve dimostrare un legittimo interesse, valutato da quella stessa pubblica amministrazione...

Sembrerà strano, ma parecchi dirigenti della PA sono rimasti al 1990 (se non al 1957) mentre per noi che siamo interessati ai dati ambientali le cose sono cambiate, ECCOME!

Proprio nel 1990, la direttiva 90/313/CEE stabiliva il diritto dei cittadini ad accedere a tutte le informazioni inerenti lo stato dell'ambiente e "solo" sette anni dopo, il governo italiano con il D.Lgs. 39/1997 ha stabilito che:
"le autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le informazioni relative all'ambiente a chiunque ne faccia richiesta, SENZA CHE QUESTI DEBBA DIMOSTRARE IL PROPRIO INTERESSE".
Vi sembra utopico? Macchè, la direttiva 2003/4/CE rincarava la dose, stabilendo che (art.3) :
1) L'informazione è messa a disposizione del richiedente entro 30 giorni (60 se la richiesta è complessa)
2) se la richiesta è troppo generica o le informazioni sono troppe, il limite diventa al massimo di 60 giorni
3) la genericità di una richiesta non consente alla pubblica amministrazione di far finta di niente. Anzi, questa deve mettere a disposizione del richiedente i propri funzionari per capire di quali contenuti egli ha bisogno.
Meglio ancora dedicava un intero articolo (art. 7) alla diffusione (spontanea) dell'informazione ambientale, indicando quali informazioni devono essere attivamente diffuse (comma 2) e come (database su internet), rimarcando (art. 8) che devono essere anche aggiornate, precise e confrontabili.
Questa direttiva è diventata una LEGGE DELLO STATO ITALIANO (il D. Lgs. 195/2005).

Perciò, da tre anni a questa parte ogni Arpa, ogni Provincia, ogni Regione, ogni Ente Parco (compresi quelli, come il Parco di Bracciano e Martignano, che ad oggi e dopo nove anni dall'istituzione non ha sul sito nemmeno un jpeg della zonazione...) devono pubblicare tempestivamente e con precisione tutti i dati di cui dispongono. Se non li hanno messi in rete, ve li devono comunque dare, senza che voi dobbiate motivare nulla, ne fare alcuna richiesta scritta.

Ora che lo sapete, fatevi valere!

lunedì, maggio 19, 2008

Dall'ENI una pessima notizia


Dal photobook di Fabio Pineiro

Sul sito di ENI, oggi è comparso un comunicato del "Cane a sei zampe" che annunciava l'avvenuto accordo tra l'impresa e il governo del Congo per l'esplorazione sperimentale e lo sfruttamento di un giacimento di sabbie bituminose che potrebbe comportare il recupero di almeno 2,5 miliardi di barili di petrolio, ottenibili da una superficie di "soli" 100 km2.
Che c'è di strano, direte voi? Purtroppo la notizia porta con se un gran brutto segnale, ovvero il fatto che le sabbie bituminose stiano diventando sempre più convenienti.

Ma andiamo con ordine, partendo dal capire di che stiamo parlando.

Le sabbie bituminose sono sabbie (formatesi in condizioni del tutto naturali) che contengono, mescolati al loro interno, idrocarburi molto pesanti e viscosi (niente più e niente meno del bitume usato per la produzione di asfalto). Fino a poco tempo fa, sapere della loro esistenza (sono famosi e avviati allo sfruttamento i giacimenti dell'Athabaska, in Canada) non ci cambiava la vita, perchè sembrava quasi folle l'idea di poterle utilizzare come riserva petrolifera. Immaginate cosa significa, nell'ordine:

1) Realizzare delle cave da cui spalare queste sabbie oleose (invece che estrarre gli idrocarburi con un semplice pozzo di perforazione),

2) separare il bitume dalla sabbia (un po' come se pretendessimo di ottenere miele puro dopo averlo mescolato con la farina..),

3) raffinarlo con un processo costoso, complicato ed energivoro per rompere i legami di questi olii complessi trasformandoli in idrocarburi più fluidi.
Se - e qui sta il preoccupante - una grande azienda energetica come ENI, ritiene questo un investimento remunerativo, significa che il petrolio a buon mercato è ormai terminato, al punto che perfino le sabbie bituminose, nonostante i loro costi economici (e trascurando, ovviamente, quelli ambientali) sono diventate competitive.
Direi che è ora di gettare la maschera, ed ammettere a chiare lettere che il costo del petrolio non diminuirà mai più, e anzi, il prezzo attuale è già, probabilmente, un lusso.

Ma ora parliamo un po' di costi ambientali. La raffinazione di queste sabbie richiede molta energia, e a differenza di ciò che avviene nelle raffinerie tradizionali, non si può utilizzare la materia prima (la sabbia) per sostenere la combustione della sabbia stessa; questo significa che occorre alimentare la raffineria con l'energia prodotta da una centrale a gas esistente (in questo caso, il campo di Mboundì). Come ha fatto notare qualcuno, usare l'energia (pulita, anche se fossile) del gas per raffinare le sabbie bituminose è come "usare il caviale per fare finta polpa di granchio" .
Inoltre, il processo industriale non tende a sviluppare sistemi costosi di finitura per le sabbie, che rimangono in parte bituminose (per continuare il paragone, chi va a grattare via la patina di miele da ogni granello di farina?), e sono quindi destinate alla discarica (a proposito.. cosa dirà al riguardo la normativa ambientale del Congo?).

Per finire, direte voi, perchè dare retta al solito ambientalista che parla male dell'ennesima "infrastruttura utile allo sviluppo del paese"? Mah, forse perchè per trovare un articolo molto scettico sulle sabbie bituminose basta andare sul sito dell'ENEL....

P.S. vi consiglio di tenere d'occhio due siti (che molti di voi conosceranno già): ASPO italia, e Petrolio.

mercoledì, maggio 14, 2008

Compost 2.0


Il compost di quest'anno: compatto, molto scuro, con molti lombrichi


E' passato quasi un anno e mezzo dall'arrivo della compostiera "Mozart", gentilmente donataci dal Comune per avviare il riciclo domestico dell'organico. Il 20 Luglio dello scorso anno ho messo in rete "i risultati" dei primi sei mesi di attività. A distanza di dieci mesi dalla precedente "svuotatura"abbiamo proceduto di nuovo, cercando di fare tesoro degli errori del passato (che pure non ci avevano affatto impedito di ottenere buoni risultati).

Il precedente periodo aveva evidenziato alcuni "limiti" del processo di decomposizione, dovuti sia all'inesperienza che alla paura di generare "cattivi odori" che potessero dare noia ai vicini. Il problema principale era stato la scarsa quantità di compost prodotto (molti scarti organici si erano decomposti solo in parte) unita alla conseguente abbondanza di detrito vegetale (principalmente, gli sfalci del gelsomino sempreverde). In poche parole, lo sfalcio successivo alla fioritura, gettato nel giro di pochi giorni dentro il compostatore, aveva formato un feltro molto aerato di getti legnosi e foglie secche e coriacee che impediva ai resti organici di cucina gettati successivamente di raggiungere il fondo (e godere della sua flora microbica). A questo si era aggiunta la mia reticenza ad "innaffiare" il compostatore nel periodo estivo, per paura che una decomposizione troppo rapida producesse odori molesti. Di fatto, è successo il contrario: erano proprio la decomposizione lenta (in particolare dei resti di pesce e carne) e la mancanza di contatto con il terriccio in formazione, che causavano problemi alle nostre narici. A metà autunno, nonostante fosse intercorsa una calda estate, il compostatore era quasi pieno di resti, molti dei quali indecomposti; urgeva fare qualcosa....

Il primo problema da affrontare era la rimozione dello strato di gelsomino. Mi sono armato di guanti e ho estratto il "cuscino", dandolo in pasto al camino ai primi freddi. Tuttavia, per non arricchire troppo il terreno di sali minerali e quindi di metalli (gettando un eccesso di ceneri) ho bruciato buona parte degli sfalci in modo incompleto, così da ridurne il volume lasciandovi però dentro una buona riserva di carbonio (prontamente rigettata nel compostatore).

In secondo luogo, per accelerare la decomposizione ho cominciato a somministrare a Mozart l'acqua "di prelavaggio" dei piatti. Si tratta in sostanza dell'acqua che si ottiene rimuovendo il cibo, l'olio, il brodo e tutto il materiale organico possibile dalle pentole usando una spugna di acciaio e senza impiegare detersivo. E' un procedimento un po' più lungo (e infatti lo facciamo una volta al giorno e non sempre), ma consente da un lato di risparmiare carico organico e tensioattivi ai depuratori, dall'altro di aumentare l'umidità e il carico organico del terriccio.


Mozart a svuotamento iniziato. Il feltro di foglie è molto ridotto rispetto allo scorso anno

L'effetto di questa "aggiustatura" lo potete vedere nella foto iniziale. A differenza dell'anno scorso il terriccio era molto più umido, compatto, e soprattutto pieno di lombrichi (questa volta le foto sono state scattate prima della setacciatura).

Ah, dimenticavo, il Comune di Anguillara ha promesso una detrazione del 6% in bolletta per chi usa il compostatore (non ho messo il grassetto a caso, perchè conosco qualcuno che ci ha fatto l'allevamento di lumache.....).

venerdì, maggio 09, 2008

Presti...chi?


Dal photostream di lafra

Nell'arco della sua ormai quindicennale carriera politica, Silvio Berlusconi ci ha abituati ai colpi di scena; e questo non fa eccezione. Dopo la tattica iniziale, che prendeva in seria considerazione lo smembramento del Ministero dell'Ambiente (e pareva ormai cosa fatta) per rispettare le previsioni della finanziaria (12 ministri con portafoglio e 4 senza); il primo ministro "in pectore" si è recato dal presidente della repubblica manifestandogli il desiderio di aumentare la lista dei futuri ministri. Ed è stato accontentato. Per effetto di ciò, il Ministero dell'Ambiente si è salvato (ma una vittima è stata, inconcepibilmente, il Ministero della Salute!). A quel punto, di fronte al rischio che il dicastero passasse in mano a M.V. Brambilla, avrei accettato qualunque cosa (forse perfino l'Altero-quater).

Se le alternative erano queste (ma c'è stata per qualche tempo anche Adriana Poli Bortone, che forse a conti fatti sarebbe stata la scelta migliore..), allora ben venga Stefania Prestigiacomo, che però, non può vantare alcuna conoscenza tecnica ne alcuna esperienza pregressa nel settore.
E' così, quando si insedia un nuovo governo (di destra o di sinistra che sia) si presenta sempre il solito problema: in primo luogo in parlamento difficilmente si possono trovare persone di una adeguata preparazione tecnica, in secondo luogo il Ministero dell'Ambiente è comunque interpretato come una scelta buona per accontentare le "seconde file", quelle che contano molto poco.
Onestamente non ce la vedo proprio, la Prestigiacomo, a sbattere i pugni e/o fare la voce grossa per spuntare qualche finanziamento in più per il Ministero dell'Ambiente o per le politiche ambientali. Di lei l'unica cosa che sappiamo "sul tema" è che prima delle elezioni ha firmato il patto per l'ambiente di Legambiente (quasi tutto, a dire il vero, non la parte sul nucleare...).

Oggi più che mai sarebbe servito un ministro di peso, e ben conscio dei problemi ambientali dell'italia e del mondo, dei ritardi abissali con cui recepiamo le direttive e della mazzata che sta per riversarsi sull'italia dopo l'entrata in vigore di kyoto.

Buona fortuna...

martedì, aprile 22, 2008

Il ministro dell'ambiente? Estinto..


Dal photostream di Antonio dell'Elce

Ebbene si, le mie fonti ministeriali mi dicono che dopo un ventennio di gloriosa esistenza, e a differenza dei colleghi tedeschi, inglesi, spagnoli ecc.. il Ministero dell'Ambiente italiano (notizia datami aper sicura al 95%) sarà probabilmente SMEMBRATO in tanti pezzetti -uno per direzione- e le competenze attribuite ad altri ministeri (agricoltura, politiche comunitarie, infrastrutture). Da quando ho appreso questa notizia mi sento profondamente sconfortato, e potete immaginare il perchè. A seguito delle parole pronunciate tempo fa da Alemanno, e dalle "aperture" verso uomini dell'opposizione ripetute recentemente da Berlusconi, mi ero illuso che ci fosse un posto per Ermete Realacci, come "civil servant" prestato dal PD. O almeno, mi ero illuso che arrivasse qualcuno di capacità e conoscenza del settore superiori a Matteoli (volendoci poco..direi..).

Finora al contrario i media hanno prospettato tre scenari:
1) Permanenza in vita e autonomia, con a capo, Michela Vittoria Brambilla (notizia comparsa du EPolis - aaarghhh!!)
2) Accorpamento con il ministero delle infrastrutture, con a capo Altero Matteoli (lo snobbava prima, figuriamoci che farebbe ora stando a mezzo servizio..).
3) Smembramento e conferimento delle competenze alle politiche agricole, alle infrastrutture e alle politiche comunitarie.

Trovo agghiaccianti tutti e tre i casi.
Ma per non fare il disfattista, vi dirò che avrei visto tre uomini di maggioranza che potrebbero fare una rispettabile figura nel ruolo (uno per "area", per par condicio: Franco Frattini, Gianni Alemanno, Matteo Salvini). Peccato che nessuno dei tre ci andrà, visto che Frattini sarà destinato a ruoli ritenuti di maggior prestigio, Alemanno potrebbe diventare sindaco di Roma o prendere il dicastero delle attività produttive, Salvini è solo una "seconda linea" della Lega.

Ma perchè, direte, Berlusconi dovrebbe affidare un ministero dell'Ambiente a una personalità affidabile e competente? Ci sono molti ottimi motivi, e mi auguro che questa volta Berlusconi se ne renda conto.

1) Esistono ancora 51 procedure di infrazione in campo ambientale aperte contro l'italia (il tanto bistrattato Pecoraro Scanio le ha ridotte, rispetto a settembre scorso, di 13 unità), che ci potrebbero costare tanti soldini...

2) Il prossimo quinquennio segnerà l'ingresso delle multe per l'inosservanza degli obiettivi di kyoto. Senza una forte politica di contenimento delle emissioni, un fiume di denaro se ne andrà dalle casse dello stato...

3) Il "federalismo" ambientale ha portato a un totale scollamento delle politiche territoriali, con grosse differenze di attuazione delle leggi e delle direttive nella variegata rappresentanza territoriale della stirpe italica. Serve qualcuno che abbia l'autorità per tirare le fila delle attuazioni di una serie di direttive (a cominciare, per esempio dalla 2000/60/EC) e bacchettare chi non si adegua (lo scopo è sempre quello..evitare le infrazioni).

4) La commissione ha fissato l'obiettivo del 20% di rinnovabili entro il 2020. Occorre irrobustire i meccanismi di incentivazione e sorvegliare che si raggiungano i risultati, altrimenti falliremo miseramente anche questo obiettivo.

Insomma, serve tanto lavoro orchestrato da una personalità capace e autorevole. Se smembrassimo il ministero dell'ambiente non ci sarebbe più nessuno che abbia la responsabilità se le cose vanno male, e non ci sarebbe più nessuno che in consiglio dei ministri alzi la voce per ottenere gli obiettivi.

Vogliamo questo?

mercoledì, aprile 09, 2008

Rubbia: o ADS o niente (bravo!)!


Dal photostream di flokru

Quando ho letto la notizia ho pensato che il giorno dopo sarebbe successo il finimondo. Il 30 Marzo è comparso un articolo su Repubblica.it, attraverso il quale Carlo Rubbia si lanciava quasi "a gamba tesa" dentro il dibattito nucleare prendendo posizione CONTRO la maggior parte delle tecnologie nucleari, eccetto l'affascinante ADS, che (insospettabilmente!) ha conquistato anche me (come avevo scritto tempo fa).
Qui segue un pezzetto dell'intervista:

Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?
"Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo".

In che cosa consiste?

"Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile".
Ebbene si, stava parlando degli ADS, ma visti come alternativa, e non complemento, rispetto al nucleare tradizionale. In più, Rubbia si è lanciato in una considerazione molto importante:
Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia.
Effettivamente, ogni anno in Italia si producono 500 tonnellate di rifiuti radioattivi (alcuni ad alta attività) come residuo di trattamenti ospedalieri o di macchinari industriali. Queste scorie inevitabilmente si sommano a quelle già esistenti stoccate nei vari depositi presenti sul territorio. L'idea di Rubbia quindi è che un ADS servirebbe anche solo per bruciare le scorie che produciamo, e al contempo potrebbe farci intraprendere un percorso orientato a una tipologia di nucleare veramente sostenibile.

L'unico problema è che costruire un ADS non è (ancora) cosa facile, sia per i costi che per i tempi. Prima di tutto 500 milioni di euro sono 1000 miliardi di lire, il che è molto per giustificare un impianto sperimentale, e non sarà facilmente sostenuto da un solo stato. Questo è il motivo per cui l'unico progetto di ADS in avanzato stato di sviluppo, il progetto MYRRHA, è una joint venture di più paesi. Il secondo motivo è che i tempi di realizzazione (data la natura ancora sperimentale della tecnologia) sono molto alti (si parla di inizio dell'operatività nel 2015 e fine della sperimentazione nel 2020. solo allora esisterà un prototipo di ADS da utilizzare su scala europea).

Perciò, considerando la nota lungimiranza del fresco vincitore di elezioni e i comportamenti avuti dalla precedente maggioranza di destra verso Rubbia, dubito che sarà questa la strada intrapresa.
Fino a prova contraria.

mercoledì, aprile 02, 2008

una gita a malagrotta..


Una delle prime "colline" della discarica di Malagrotta, foto scattata (da me) dal piazzale degli uffici

La mattina del 2 aprile sono andato in visita con altri colleghi alla discarica di Malagrotta, il "punto di riferimento" per lo smaltimento dei rifiuti della città di Roma. Definirla discarica è molto riduttivo, perchè con il passare degli anni alla classica "collina di monnezza" si sono aggiunte molte attività accessorie dedicate al recupero (per quanto possibile) di energia, e alla riduzione di materia da stoccare. Il decreto Ronchi (la bellezza di undici anni fa) prevedeva che non potessero più essere autorizzate discariche prive di sistemi di recupero energetico. Per effetto di questo, tutte (o quasi) le discariche si sono quindi dotate di sistemi di captazione e combustione del biogas (ovvero il gas di decomposizione dei residui organici). Ma a Malagrotta l'impresa di gestione ha deciso anche di selezionare una quota di CDR (separandolo dal FOS, la frazione organica, usata per ricoprire la discarica) da bruciare in un gassificatore (qui la spiegazione di come funziona). Dal gassificatore, parte dei gas viene convogliata dentro all'esistente bruciatore di biogas (producendo energia), mentre la frazione contenente metano viene destinata agli automezzi tramite un distributore stradale. Sulla carta il sistema sembra molto efficiente, ed anzi, encomiabile.

Almeno in linea teorica i gassificatori (almeno quelli di ciclo "thermoselect") hanno emissioni molto più contenute rispetto alle migliori tecniche disponibili (le famose BAT dell'IPPC) per gli inceneritori, e soprattutto (cosa da non sottovalutare), parte dell'energia può essere destinata a sostituire l'inquinante benzina dei serbatoi delle autovetture. Infine, poichè il gas metano (come quello liberato dalle discariche) ha un potere climalterante 10 volte superiore all'anidride carbonica, il metano sottratto alla discarica non si libera in atmosfera come CH4, ma dopo la combustione dentro gli autoveicoli, come CO2.
L'impianto di gassificazione si compone di quattro moduli (di cui uno prossimo al collaudo e gli altri tre in costruzione) e dovrebbe essere capace a regime di gassificare 700 ton al giorno di CDR.

Fin qui, siamo alle interessanti descrizioni tecniche. Però, nonostante questo, l'impianto è stato oggetto di numerosi attacchi da parte di giornali, associazioni ambientaliste, partiti politici. Girando per la rete ho trovato un documento molto critico e molto dettagliato sul gassificatore (lo potete scaricare qui), opera di Piergiorgio Rosso, ingegnere, esperto di rifiuti del WWF. Rosso accusa la società di aver utilizzato una tecnologia di gassificazione poco sicura, poco efficiente e sostanzialmente fallimentare dal punto di vista economico (e infatti, l'impianto di karlsrhue sul quale si basa tecnologicamente è stato chiuso poco dopo la sua entrata in funzione). Si tratta della stessa tecnologia (thermoselect) che fa da punto di riferimento per le emissioni nel confronto con i migliori inceneritori.

Mi arrendo, non ho il know-how per rendermi conto di chi dei due sia troppo ottimista o pessimista. Ho notato invece, con perplessità, che il gassificatore è stato collocato in una zona di malagrotta molto vicina ad altri due impianti a rischio di incidente rilevante: una raffineria (in linea d'aria saranno si e no 5-600 metri) e un inceneritore di scorie ospedaliere (a due km circa).

Per ora la chiudo qui, ma ci sono interessanti spunti di riflessione sui rapporti tra filiera del "tal quale" e filiera del riciclo. che approfondiremo un'altra volta...

mercoledì, marzo 26, 2008

Una nutrita rassegna stampa di notizie ambientali!



Finalmente ce l'abbiamo fatta.
Dopo ben un anno di sperimentazione, Netvibes (il mio sito preferito) ha rilasciato "Ginger", la sua nuova versione. Perchè ne parlo? Perchè "ginger" consente di creare una propria pagina web dinamica pubblica da mostrare a tutti, nella quale raccogliere tutto ciò che riteniamo interessante. Queste pagina viene denominata "universo", ovvero un contenitore che ospita tutte le novità riguardanti un dato argomento.

ed è per questo che è nato il mio universo, che con molta fantasia ho chiamato "segnali verdi" (....)

questo è l'indirizzo:

http://www.netvibes.com/segnaliverdi

Una volta collegati troverete raccolte nella stessa pagina tutte le più recenti notizie verdi che normalmente seguo sulle varie riviste on line dedicate all'ambiente, sui blog, sui quotidiani. Si tratta di un sistema comodissimo per avere le novità tutte li, pronte a colpo d'occhio, ogni giorno.

Come per il sito principale, anche in questo caso la veste e i contenuti non sono definitivi, anzi, evolveranno mano a mano che diventerò più pratico degli straordinari mezzi messi a disposizione da Netvibes.

Intanto vi auguro buona lettura (anche perchè il flusso di notizie del mio blog, causa creatura nata da poco, si sta rarefacendo pericolosamente...).

P.S. Se gironzolando per la rete trovate un sito "verde" interessante potete sempre segnalarmelo con un messaggio privato. Se ha i feed abilitati lo includerò nella rassegna stampa.

mercoledì, marzo 12, 2008

80 euro l'anno di stand-by ??


Dal photostream di VerseGuru

Sui siti "specializzati"(come ASPO italia, per esempio) potete trovare ogni genere di previsioni e commenti sul destino del petrolio nei prossimi anni; comunque sia, ci aspetta d'ora in avanti una "salita" che negli anni futuri condizionerà pesantemente l'inflazione (a meno che non si cominci a FARE il risparmio energetico anzichè parlarne..). Un settore che ha ampi margini di miglioramento è quello dell'intrattenimento domestico; più di quanto sospettiate.....
facciamo due conti.

Ogni famiglia ha ormai in casa almeno questi dispositivi:

2 televisori (almeno uno da 32 pollici), magari anche tre o perfino quattro.
1 computer (<3 anni), magari due.
1 ricevitore digitale satellitare o terrestre
1 lettore di DVD
1 telefono cordless
1 "set" di accessori per PC (stampante, modem/router, casse).
1 stereo o un impianto ad alta fedeltà.
In tutto questo taccio l'eventualità di avere in casa console per videogiochi, portafoto elettronici, registratori digitali e amplificatori valvolari. E, alla faccia di chi continua a dirci che basterebbe riempire la casa di lampade a fluorescenza per sentirsi la coscienza a posto, la bolletta elettrica ci informa che anche in quel caso i consumi continuano a esistere, e non sono trascurabili. Nessuno di questi dispositivi (tranne il modem), quando non usato sta spento. tutti hanno un meccanismo di stand-by. Durante lo stand-by, un apparecchio consuma dai 2 ai 7 watt.

Si evince che mediamente, solo per visualizzare l'ora, o una spia di preaccensione, o qualche icona luminosa, se ne vanno una cinquantina di watt.

Il nervoso aumenta quando consideriamo che alcuni di questi apparecchi non prevedono nemmeno la possibilità di avere uno stato "spento". O staccate la spina, o stanno in stand-by. punto. Un esempio insospettabile è il computer di casa, che non si spegne; lo potete verificare aprendo il pannello del vostro PC. se è abbastanza recente noterete un led acceso anche a PC spento. Quel LED ci informa che anche il PC, in realtà, è in stand-by.
Secondo la campagna "Er-Consumabile" della Regione Emilia Romagna, ogni anno si possono sprecare con lo stand-by ben 80 euro, liberando in aria l'equivalente di 320 kg di CO2!!
Leggendo invece la tabella presente in questa pagina, scopriamo che un PC (Pentium IV + Monitor 17") assorbe in standby da solo 17W (quasi 24 euro l'anno), mentre un access-point si porta via altri 7W.

Possiamo completare il quadro pensando a quante funzioni vengono inutilmente duplicate: i decoder, gli amplificatori, le console, i registratori, hanno tutti un guscio di metallo dotato di un alimentatore e un circuito elettronico di "governo", nonchè, immancabilmente, un proprio telecomando. Il massimo dell'assurdità si raggiunge con i ricevitori digitali terrestri e satellitari. si tratta dello stesso apparecchio, che codifica nello stesso modo (DVB, che poi è strettamente imparentato con l'MPEG2, quello dei DVD): con un paio di circuiti lievemente diversi e un ingresso in più (leggi: 5 euro di differenza) si potrebbero unificare, con risparmio di energia (per la produzione, il trasporto e l'esercizio) e migliore comodità d'uso (ne esiste UNO sul mercato, secondo me un po' troppo costoso).

In attesa che i fabbricanti di queste diavolerie si "convertano", per questo proliferare di lucine esiste un solo antidoto, ovvero l'acquisto di una ciabatta con interruttore, a cui collegare tutti gli elettrodomestici elettronici. Si ripaga molto, molto presto...

martedì, marzo 04, 2008

Un tesoro caldo sotto ai nostri piedi


La carta che vedete qui sopra identifica, secondo l'istituto internazionale di geotermia di Pisa, i flussi di calore profondi (l'ho tratta da questo sito, di Giuseppe Caravita che è un noto giornalista del Sole24Ore), descrivendoci con i colori più caldi le aree dalle quali emerge sulla superficie crostale una maggiore quantità di calore endogeno della terra. Nelle zone più calde (fuchsia) la temperatura delle rocce a 5km di profondità supera i 240°c. E come potete vedere, le regioni "baciate" dal fuoco sono Toscana e Lazio, oltre all'area che va da Ischia al Vesuvio.
Questo per ciò che riguarda le terre emerse.

Ma oltre a questo, non c'è da sottovalutare affatto il potenziale termico che sta sotto al tirreno meridionale, che sembra veramente notevole (leggetevi questo studio del GGA).
In particolare, la zona più promettente è il Monte Marsili, un vulcano il cui edificio, (per volumetria è paragonabile all'Etna) emerge dal fondo del tirreno (3000 metri) fino a 700 m di profondità circa. Le recenti rilevazioni di una sonda progettata dall'INGV ci dicono che è ancora sismicamente attivo, e forse, come sostiene qualcuno, ha avuto un'attività vulcanica anche in tempi storici.

Come si potrebbe fare per sfruttare una così grande massa di potenziale geotermico situata a grandi profondità e in mare aperto? Vediamo..

Un "sistema geotermico" è costituito idealmente di tre componenti:

  • il corpo caldo,
  • la riserva
  • la copertura.
Il primo è un accumulo di magma caldo incassato dentro la crosta (sia oceanica o continentale), dal quale fluisce il calore. Questo calore investe le rocce circostanti che, se sono porose, tendono ad assorbirlo. Dentro a queste rocce calde l'acqua che si infiltra (o che proviene dal magma per raffreddamento) raggiunge alte temperature e ritorna verso l'alto, costituendo un'ottima riserva di vapore. Il sistema è poi quasi "sigillato" da rocce di copertura poco porose, che trattengono il calore all'interno come fossero una coperta. Gli studi sinora fatti indicano che la "riserva" di Marsili pare molto grande, e molto calda; se si potesse sfruttare ne ricaveremmo una grande quantità di energia utile.

Qui però, finiscono gli entusiasmi, perchè allo stato attuale non esiste alcuna zona al mondo dove sia stata costruita una centrale geotermica off-shore (che probabilmente avrebbe l'aspetto di una sorta di piattaforma petrolifera sbuffante di gigantesche dimensioni) con tutte le conseguenze del caso. A livello mondiale manca la tecnologia e finora sono mancate le motivazioni (il petrolio a buon mercato rendeva inutili gli ingenti investimenti in ricerca). In più, non esiste alcuna prospezione accurata di Marsili, non ci sono carotaggi a disposizione, per cui anche partendo adesso (e con un bel po' di finanziamenti), prima di mettere in opera un eventuale primo tubo della prima centrale geotermica off-shore italiana potrebbero facilmente passare almeno quindici anni.

Questi problemi però, sono comuni anche ad altre zone, che nel mondo, condividono con l'italia notevoli potenzialità geotermiche off-shore. Solo che immancabilmente altrove si stanno dando da fare.
Per esempio "i soliti" stati uniti (che del resto, grandi come sono, hanno abbondanza di siti utilizzabili) attraverso il dipartimento dell'energia hanno lanciato l'"Enhanced geothermal Program", che mira a sviluppare la tecnologia definita" EGS ", ovvero "enhanced geothermal systems"; si tratta in sostanza di sfruttare i giacimenti, non prendendo falde d'acqua poco profonde e scaldate dalla massa magmatica, ma trivellando a grande profondità (anche 4-5km), dove il calore è molto più intenso e l'acqua non può arrivare. in questo caso l'acqua è pompata dentro a una trivellazione da un circuito artificiale, che così la recupera dopo averne estratto calore e la ripompa in profondità entro una sorta di circuito chiuso. I vantaggi sono innumerevoli, sia dal punto di vista energetico che ambientale (magari ne parleremo un'altra volta).

Certo è che con il petrolio in corsa libera verso il picco, sarebbe il caso di cominciare a investire anche su queste soluzioni...

domenica, febbraio 24, 2008

Sul Brunetta-show ad Anno Zero


Dal book fotografico di Simone Ramella (su Flickr)

Strano, nessuno dei bloggers che seguo abitualmente ha sentito un forte stimolo a commentare il Brunetta show andato in onda nella puntata del 21 febbraio di Annozero (se ve la siete persa rivedetevela pure qui). Per chi non lo sapesse, Renato Brunetta ha un sito personale, dal quale risulta che ha 57 anni ed è

economista, professore universitario, Vice Coordinatore Nazionale di Forza Italia con delega per l'Europa, responsabile del programma del partito.
Stiamo parlando, in pratica, del guru dell'economia del popolo della libertà, un partito accreditato (secondo Pagnoncelli) di circa il 40% dei voti degli italiani.
All'incirca al minuto 30' della puntata, il professore ha spiegato chiaramente e didatticamente come funziona il ciclo dei rifiuti, includendo le motivazioni per cui non si possono bruciare le ecoballe piene di rifiuto organico umido dentro un inceneritore (già, ne avevamo parlato anche qui, con un po' di dati alla mano).
Se fosse per questo, lo avremmo apprezzato tutti, considerando che probabilmente a qualcuno ancora sfugge l'importanza di raccogliere almeno l'organico in modo differenziato.

Il divertimento invece è stato il contorno.

Innanzitutto, il professore ha ammesso che ha cominciato a studiare il problema una settimana prima, e lo ha fatto, diligentemente, per documentarsi prima di una trasmissione importante.
Subito dopo poi, ha chiuso con un "Sono stato bravo Santoro? Eh?"

A me sono sorte un bel po' di domande, ovvero...

numero uno:
Com'è possibile che un bravo e valente economista, responsabile del programma del PdL, arrivi a 57 anni senza sapere come è strutturato il ciclo dei rifiuti e come funzionano gli inceneritori?
numero due:
Cosa prevedeva in merito il programma del PdL prima che lui cominciasse a studiare per "anno zero"?
numero tre:
Perchè far partecipare per forza lui ad Annozero, visto che sicuramente nel PdL ci doveva essere qualcuno che avesse una esperienza di conoscenza del ciclo dei rifiuti superiore a una settimana (di teoria?).
numero quattro:
Se non fosse stato chiamato ad Annozero non avrebbe mai studiato il problema dei rifiuti?
numero cinque:
Siamo sicuri che in una settimana abbia imparato tutto cio che c'era da sapere?
numero sei:
L'avere studiato comporterà un aggiustamento nella politica ambientale del proprio partito?
Chiuderei qui, ma ho un deja-vu. Anch'io mi ricordo quando studiavo un argomento in pochissimo giorni e poi andavo a farmi interrogare, dicevo tutto quello che sapevo e chiedevo com'ero andato. Solo che lo ricordo poco, è successo tanto, tanto tempo fa....

mercoledì, febbraio 06, 2008

La storia assurda dei fari radioattivi


Foto dal photostream di Bryckmantra

Se proprio dobbiamo immaginare un popolo che ha un rapporto morboso con l'atomo, questi sono senz'altro i russi. Nonostante dispongano da sempre di enormi quantità di gas naturale e petrolio, grazie alla sciatteria e a questo amore perverso per l'energia nucleare i governi russi (specialmente ma non esclusivamente in età sovietica) hanno riempito i mari e le terre loro e dei paesi satelliti di rottami radioattivi.

La storia di cui parliamo oggi inizia negli anni '60, quando i primi reattori nucleari cominciavano a funzionare, e a produrre isotopi "di scarto" come lo Stronzio 90. Questo simpatico isotopo ha un tempo di dimezzamento di 29 anni ed è considerato ad alta radiotossicità secondo il D. lgs. 230/95 (in particolare è un agguerrito sterminatore di cellule staminali). Tuttavia, proprio perchè l'energia di decadimento è molto sostenuta, può essere usato per comandare dispositivi elettrici, come se fosse una sorta di gruppo elettrogeno. Per questo sono nati in quegli anni i "Radioisotope thermal generators", usati per far funzionare fari marini, stazioni metereologiche, dispositivi di segnalazione isolati. Il faro di Baltimora fu il primo equipaggiato con un dispositivo simile, ma l'esperimento durò solo un anno. I Russi cominciarono poco dopo, e ne seminarono una quantità industriale (almeno un migliaio, pare) in giro per le coste sovietiche: fino al baltico e alla Norvegia da una parte e a sahalin dall'altra. Il risultato (lo dice un report IAEA recente) è che ci sono ancora 582 fari e stazioni RTG sparsi in giro, molti in pessimo stato di conservazione. Di questi ce ne sono ben

90 nel Mar Baltico (nel golfo di finlandia)

51 lungo le coste dell'Europa del Nord (Norvegia soprattutto)

Il grande vantaggio di questi RTG era la durata del combustibile: caricando un piccolo cilindro di piombo (o uranio impoverito) contenente l'Sr90, si poteva arrivare a dieci anni di autonomia di funzionamento, apparentemente senza alcuna manutenzione richiesta. E' stata proprio la mancanza di manutenzione (oltre alla sciatteria) a creare una pesante emergenza ambientale. Manco a dirlo, i fari sono stati in buona parte abbandonati a se stessi con scarsi o nulli controlli. La russia, in cronica mancanza di fondi (o almeno questa è la scusa; del resto servono almeno 130 milioni di dollari per recuperarli e rimpiazzarli con generatori diesel) si è rivolta all'IAEA per chiedere fondi ai paesi che ne stanno subendo le conseguenze (Norvegia e Canada soprattutto).

Nel frattempo però sono già accaduti alcuni disastri. Alcuni esempi:

  • Nel 2001 due persone furono gravemente irraggiate mentre smantellavano due RTG (nella penisola di kola). Non erano stati informati della natura del sistema di alimentazione del dispositivo.

  • Nel 2002 furono ritrovati due fari RTG (sempre nella penisola di kola) che erano stati "vandalizzati". Qualche malintenzionato si era avvicinato per sottrarre del metallo da rivendere ai ferrivecchi, lasciando lo Stronzio 90 all'aperto (libero di irraggiare e di dilavarsi) esposto alle intemperie. Le autorità russe hanno stimato che i vandali avessero probabilmente ricevuto una dose mortale di radiazioni. Nello stesso anno tre cacciatori, in Georgia, furono gravemente irraggiati quando, in un bosco, inciamparono su un RTG abbandonato.

  • Nel 2003 un gruppo di esperti governativi ispezionò tutti i fari RTG di cui si avesse notizia in siberia. Molti di questi non avevano mai ricevuto manutenzione, emettevano radiazioni eccessive anche da lontano e quindi da chissà quanto tempo avevano iniziato a perdere materiale radioattivo. Ma la cosa peggiore è che alcuni di questi non furono mai trovati. Forse si ruppe la boa di galleggiamento e precipitarono in fondo al mare, forse furono sottratti da terroristi, forse furono recuperati e gettati chi sa dove o smantellati da altre persone ignare.
Tutte queste notizie (e purtroppo molte altre), sono riportate in particolare sul sito dell'associazione ambientalista norvegese Bellona. Gli articoli sono questo e questo.

Fortunatamente, L'IAEA sta approntando un grande piano di smantellamento, che dovrebbe essere pronto a breve. Nel frattempo ricordiamoci che cosa significa far maneggiare la tecnologia nucleare a un paese che non è in grado di garantirne la sicurezza....

giovedì, gennaio 31, 2008

Tutti verdi, tutti verdi!!!!!


Foto di Realacci a un convegno, da Marco Bertolotto, su flickr

In vista delle prossime elezioni (sciaguratamente anticipate..) sembra ci sia una epidemia di conversioni "verdi". Ne sarei felice, se non fosse che un po' di diffidenza verso la classe politica mi fa pensare che i propositi non siano sempre del tutto cristallini.

Ma andiamo con ordine, e registriamo tre grandi eventi: una conversione di massa, una conversione inaspettata e una "apertura di credito"

La conversione di massa.

Non so quanti di voi conoscano gli "Ecodem", ovvero l'ala ambientalista del Pd. Se pensate che si tratti solo degli ex capi di legambiente Realacci e Ferrante sbagliate di grosso: solo sul sito si segnalano 59 parlamentari aderenti alla corrente. E il 26 e 27 gennaio scorso hanno organizzato un convegno dal titolo "ambientalismo del fare" (lo slogan per la verità lascia a desiderare..). Dario Franceschini addirittura si è spinto a dire che:

"Occorre far percepire la scelta di fondo del Partito democratico, non avere al proprio interno ambientalisti, ma essere il vero partito verde"
Sono commosso, anche se avrei gradito che queste parole fossero state dette almeno sette o otto anni fa. Del resto, l'autore stesso ci chiarisce che:
"la crucialità del tema ambientale si vede anche dal fatto che per la prima volta la tutela dell’ambiente è diventata centrale nella campagna elettorale americana».
Ma cosa c'entrano gli americani? Cosa sarebbe successo se agli americani non gliene fosse (ancora) importato nulla? Sorvolo. Ma apprezzo l'irrobustimento della corrente verde del PD, speriamo porti buoni frutti..

la conversione inaspettata.
Diciamoci la verità, tonino è sicuramente una persona per bene cui vale la pena dare fiducia, ma non si è mai dimostrato un grande ambientalista. Anzi, da ministro delle infrastrutture non ha perso mai l'occasione per rimarcare la sua spinta per la realizzazione di grandi opere, senza mai puntare l'accento sul fatto che quasi sempre sono progettate nel modo meno sostenibile e tocca intervenire pesantemente (allungando tempi e costi) in sede di VIA. Eppure c'è già stato un importante cambiamento di sensibilità anche da parte sua.
A Febbraio dell'anno scorso ha lanciato l'iniziativa "Per la salute dei cittadini" entro la quale ha proposto ben 12 soluzioni (di grande livello, se fosse il programma di un sindaco lo andrei a votare domani) al problema dell'inquinamento e della mobilità.

Ma quella che mi ha lasciato basito è...

L'apertura di credito.
Anche all'interno del blocco di Berlusconi, il grande condonatore, il depenalizzatore dei reati ambientali (compreso lo sversamento di rifiuti tossici), il promotore principale delle grandi (anzi, colossali) opere, si muove qualcosa (oltre alla "guarnigione" di Benedetto della Vedova). Gianni Alemanno di AN ha fatto una sortita inaudita (proprio nel senso di "mai sentita"). Ce la riporta, tra gli altri, un articolo della Repubblica, di cui riporto immancabilmente questo passo:
Gianni Alemanno di An pensa piuttosto a «una figura che apprezzo come Ermete Realacci, deputato e già leader di Legambiente, perché l´esecutivo dovrà avere una connotazione ambientalista».
Che abbiano fatto effetto le "autocritiche" sul caso Napoli fatte da Ermete sull'espresso?
Non credo che ci sarà mai un Realacci ministro dell'ambiente di un governo di destra, ma certamente l'uscita è stata di effetto. E in ogni caso, lentamente, certi concetti cominciano a diffonfersi. Era ora.